l’intelligenza artificiale amica e confidente: la visione di mark zuckerberg per il futuro delle relazioni umane
ci siamo mai chiesti cosa accadrebbe se l’intelligenza artificiale non fosse più un semplice strumento, ma diventasse un vero compagno di vita? in una serie di apparizioni mediatiche insolite, mark zuckerberg ha tracciato uno scenario in cui l’ia si tuffa a fondo nelle dinamiche sociali, assumendo i ruoli di amico, terapeuta e persino agente personale.
durante una conversazione con john collison,ceo di stripe,zuckerberg ha spiegato come le persone desiderino un sistema che le conosca intimamente,simile a come gli algoritmi di feed personalizzati riescono a interpretare i gusti degli utenti oggi.ma questa idea non nasce dal nulla: parte da un problema ben reale, che lui definisce “la crisi dell’amicizia” nella società americana.
la solitudine dietro i numeri
“l’americano medio ha meno di tre amici stretti, mentre la sua vera necessità sarebbe quella di una quindicina,” ha raccontato in un’intervista a duarikish patel. e quando qualcuno non può permettersi un terapeuta, secondo zuckerberg, il ruolo verrà preso dall’intelligenza artificiale, come ha aggiunto nel podcast con l’analista ben thompson.
questa narrativa sta accompagnando una campagna mediatica serrata che include anche dialoghi con satya nadella di microsoft e ali ghodsi di databricks, e che spinge la nuova strategia di meta verso una profonda integrazione di meta ai sui principali canali: facebook, instagram e persino occhiali smart ray-ban. con quasi un miliardo di utenti attivi ogni mese, la sfida è trasformare un semplice sistema di preferenze in una presenza capace di offrire un’intesa autentica, quasi un’amicizia con comprensione profonda della vita personale.
tra visioni audaci e scetticismi
nonostante i successi di zuckerberg con facebook e gli acquisti strategici di instagram e whatsapp, non tutte le sue previsioni si sono rivelate vincenti: il metaverso, lanciato come futura frontiera delle interazioni, ha faticato a decollare. a criticare questa impostazione arriva meghana dar,ex dirigente di instagram,che paragona la situazione a chi accende un incendio per poi vestirsi da pompiere nel tentativo di spegnerlo. un’immagine cruda ma efficace per raccontare il paradosso delle piattaforme social che alimentano isolamento e ora si propongono come rimedio alla solitudine.
oltre alle polemiche sociali, emergono anche perplessità di natura etica. il wall street journal ha rivelato che meta permette ai chatbot delle sue app di assumere “ruoli romantici”, anche con utenti minorenni, sollevando dubbi inquietanti sulla tutela e i confini dell’interazione virtuale.
quando l’ia può colmare un vuoto, ma non sostituire
secondo stephen schuller, docente di psicologia all’università della california, i chatbot non saranno mai un surrogato delle relazioni umane genuine. tuttavia, riconosce che per molti la scelta non è tra un robot o un terapeuta, bensì tra un robot e il niente, riflettendo così la scarsa accessibilità a supporti psicologici professionali per larghi strati della popolazione.
questo solleva una domanda cruciale: possiamo davvero costruire un futuro in cui l’intelligenza artificiale accompagni, senza alienare? o rischiamo di amplificare una solitudine già radicata, mascherandola dietro uno schermo?
riflessioni finali
il progetto di zuckerberg non è solo una sfida tecnologica, ma una questione sociale di grande portata. implica ripensare i legami, l’empatia e l’interazione in una società che cambia a velocità vertiginosa. l’idea di un’intelligenza artificiale come amica o terapista evidenzia un nuovo orizzonte, ma ci invita anche a interrogare con attenzione i confini tra umano e artificiale, reale e simulato.
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