Inbrain sfida Neuralink: impianti cerebrali oltre la medicina?

Inbrain sfida Neuralink: impianti cerebrali oltre la medicina?

Neuralink e Inbrain: due visioni opposte per le interfacce cervello-computer

Il mondo delle interfacce cervello-computer sta vivendo una svolta sorprendente, con elon Musk che punta a donare “superpoteri” all’uomo, fino a immaginare la possibilità di scaricare direttamente nella mente i propri ricordi.Al contrario, l’azienda spagnola Inbrain Neuroelectronics preferisce mantenere i piedi per terra, concentrandosi su un obiettivo ben più concreto e immediato: migliorare la salute delle persone.

Carolina Aguilar, CEO e cofondatrice di Inbrain, non ha dubbi quando afferma che, a differenza di Musk che sogna di pilotare una Tesla con il pensiero, loro si dedicheranno esclusivamente a usi terapeutici. Nessuna ambizione di potenziamento umano, solo sollievo dai disturbi neurologici che affliggono milioni di persone.

Il valore del grafene nelle nuove frontiere mediche

Quello che contraddistingue Inbrain è anche il materiale su cui si basa il suo impianto: il grafene,un vero e proprio “materiale miracoloso”. Sottile quasi come un capello umano, estremamente resistente e flessibile, il grafene è capace di condurre l’elettricità senza degradarsi nel tempo.

Rispetto ai metalli e ai polimeri tradizionali usati da giganti come Neuralink, Blackrock Neurotech o medtronic, il grafene si presenta come una soluzione più efficiente e meno invasiva. Questa caratteristica lo rende ideale per sviluppare elettrodi miniaturizzati in grado di dialogare con il cervello in modo più delicato e preciso.

Il dispositivo Inbrain: un ponte sottile ma potente

Il cuore dell’impianto è costituito da microscopici elettrodi di grafene disposti su una pellicola sottilissima. Questo dispositivo ha il compito di leggere i segnali elettrici neuronali e, all’occorrenza, inviargli impulsi mirati. Una vera e propria spina dorsale tecnologica per intervenire sulle anomalie alla radice dei disturbi neurologici.

il primo campo di applicazione è la malattia di Parkinson. L’elettrodo rileva, infatti, quei segnali specifici correlati al controllo motorio e fornisce una stimolazione calibrata, soltanto quando serve. Come sottolinea Aguilar, non si tratta di una cura definitiva, ma di un trattamento capace di alleviare significativamente i sintomi.

Dalla sperimentazione in laboratorio all’uomo

Nel corso dell’anno scorso, Inbrain ha realizzato un traguardo importante: la prima sperimentazione umana di un impianto in grafene presso l’Università di Manchester. Durante un intervento chirurgico per la rimozione di un tumore, il dispositivo è stato posizionato temporaneamente sul cervello del paziente.

In meno di un’ora e mezza, è riuscito a distinguere con una precisione micrometrica i tessuti sani da quelli cancerosi. Un risultato che ha aperto le porte a ulteriori test su pazienti, nell’ambito del progetto europeo Graphene Flagship, con un budget di circa un miliardo di euro, volto a valutare la sicurezza del grafene nel cervello.

Uno sguardo al futuro: intelligenza artificiale e terapie personalizzate

Dopo questa fase, Inbrain si prepara ad avviare gli studi clinici per il trattamento del Parkinson con il suo impianto terapeutico. Il sistema sarà composto da due parti: un sottile foglio sensorio che si adagia sulla corteccia cerebrale per captare l’attività elettrica, e un secondo impianto più profondo che eroga la stimolazione nei punti precisi responsabili del movimento.

Qui entra in gioco l’intelligenza artificiale. grazie a un apprendimento continuo del segnale cerebrale di ogni singolo paziente, il dispositivo sarà in grado di adattare in tempo reale la terapia, quasi come un medico invisibile dentro la testa.

Tante patologie nel mirino, un solo obiettivo: restituire la normalità

Il progetto non si ferma al Parkinson. Inbrain punta a utilizzare questo sistema a circuito chiuso per affrontare anche epilessia, demenza e dolore cronico. Un orizzonte che nemmeno Elon Musk aveva previsto: restaurare funzioni compromesse quali linguaggio e movimento per chi ha subito danni neurologici irreversibili.

Una startup in crescita e il mercato che guarda avanti

Nata nel 2020, Inbrain ha raccolto circa 100 milioni di dollari, con un significativo round da 50 milioni e un contributo considerevole del Ministero spagnolo dell’industria e del turismo.Aguilar ama sottolineare come l’obiettivo sia incidere nel modo più rapido possibile nel settore sanitario.

L’apertura verso una possibile quotazione pubblica appare netta, così come la disponibilità a collaborare o farsi acquisire dal partner “giusto”. Al contrario, Neuralink al momento non sembra essere il candidato ideale.

Un futuro in bilico tra ambizione e pragmatismo

Le ambizioni quasi fantascientifiche di Musk si scontrano con un approccio più concreto e focalizzato nella ricerca spagnola. Forse è proprio questo equilibrio tra sogno e rigore scientifico che determinerà il vero successo delle interfacce cervello-macchina nel corso degli anni a venire.