la trasformazione lenta del modello di remunerazione nelle agenzie pubblicitarie
mentre l’intelligenza artificiale accelera ogni processo nella pubblicità, la modalità con cui gli inserzionisti remunerano le agenzie resta ancorata a vecchie abitudini. in tanti parlano di un cambiamento imminente, ma ancora oggi l’adozione di modelli innovativi avviene in modo graduale, quasi timido.c’è chi come sir martin sorrell osserva segnali di svolta, ma siamo ancora alle basi di questo percorso, lontani da una reale rivoluzione.
secondo l’analista di forrester jay pattissall, l’intelligenza artificiale non ha ancora trasformato il sistema dei compensi, anche se prima o poi succederà. per adesso,tutte le iniziative concrete sono pilotate con cautela,sporadiche,ed è comprensibile: la complessità e l’incertezza frenano i chief marketing officer e i dirigenti dei gruppi pubblicitari dall’abbandonare il modello tradizionale basato sulle ore fatturabili.
una spinta inevitabile verso il modello output-based
secondo ryan kangisser di mediasense,lo spostamento verso una logica basata sui risultati è inevitabile: il tempo,che oggi regola gran parte dei contratti,diventa sempre più secondario rispetto alla qualità e alla quantità di lavoro prodotto. eppure, tre ostacoli principali frenano ancora questo cambiamento: cultura aziendale, tecnologia e gestione.
realizzare una sinergia fluida tra inserzionisti e agenzie, in un contesto dominato dall’intelligenza artificiale, impone di superare strutture rigide e numeri fissi di personale. chi si occupa degli acquisti e delle finanze vuole capire esattamente cosa sta pagando e come misurarlo. l’output come criterio deve essere chiaro e definito, perché in un settore dove “qualità” può significare mille cose, trovare un metro condiviso è tutt’altro che banale.
il momento giusto per mettere in discussione il sistema
non stupisce che queste discussioni emergano quasi sempre durante il processo di gara, quando i cmo hanno le leve e il mandato per mettere in dubbio i modelli consolidati. secondo kangisser, servono indicazioni precise, dialoghi frequenti e trasparenza continua per evitare che tutte le conversazioni ruotino intorno alle tariffe.
oggi assistiamo dunque a un cambiamento solo superficiale, limitato a clienti selezionati e progetti con contorni definiti. si può immaginare una campagna locale con centinaia di varianti creative,ciascuna valutata con un prezzo fisso,invece del solito calcolo a ore spalmate tra vari professionisti. una logica diversa,che sta prendendo piede ma senza ancora scalare realmente il mercato.
un cambiamento in corso, non solo tra i giganti
alcune agenzie stanno già tentando di rompere il tradizionale modello dei grandi gruppi. negli ultimi diciotto mesi, medialisek ha documentato un cambio di paradigma nel modo in cui le agenzie e i clienti ragionano sul proprio buisness. l’intelligenza artificiale ha portato risparmi significativi, superiori al 27% nei processi creativi, con costi di produzione di asset digitali che in certi casi si sono ridotti anche del 90%.
la retribuzione basata sulle performance fa sempre più capolino nelle trattative, ma ricollegare i risultati ottenuti alle prestazioni effettive resta la sfida più spinosa, spesso bloccata dal problema dell’attribuzione.
donna sharp di medialink osserva che molte certezze del modo di lavorare tradizionale si stanno incrinando, con un cambio di paradigma nel modo di concepire i processi.
un ritorno al futuro dell’output
riflettere sulle modalità di compenso non è una novità legata all’era dell’AI. già prima,alcune agenzie come huge sperimentavano modelli basati sull’output,con l’obiettivo di garantire maggiore trasparenza ai clienti e equità alle agenzie stesse.
con l’avanzare dell’AI, tuttavia, questi approcci vengono messi sotto pressione crescente. un esempio è monks, agenzia controllata da s4, che punta a rivoluzionare il modello prima che diventi obsoleto, abbandonando il sistema basato sul personale per adottare un approccio centrato sui risultati prodotti. si sta creando così un “marketing as a service” che ripensa completamente il legame tra fatturato e risorse umane.
wesley ter haar, cofondatore di monks e responsabile AI, critica apertamente la dipendenza da ore fatturabili e assunzioni continue, che danneggiano la coesione interna. propone un modello più stabile e sostenibile, alimentato dall’automazione e dalla produttività, in cui l’agenzia non sarà forse più necessaria come oggi, poiché molti compiti verranno svolti da sistemi automatizzati.
le sfide del nuovo rapporto tra reddito e talento
ter haar spiega come l’attenzione all’output stia cambiando il modo di assegnare incarichi e misurare la produttività interna, aprendo a rapporti nuovi tra compenso e valore umano.chi saprà interpretare per primo questo cambiamento otterrà un vantaggio competitivo fondamentale.
anche le agenzie più piccole guardano avanti
non solo i grandi operatori stanno ripensando il modello. kevin kerner, fondatore di mighty & true, sostiene che l’intelligenza artificiale modificherà profondamente il modo in cui le agenzie vengono valutate. prevede una riduzione delle tariffe, con una struttura più snella e efficiente, dove i risparmi si trasferiranno rapidamente ai clienti senza perdere la capacità di ottenere risultati in modo rapido.
anche luckie, creativa di atlanta, esplora sistemi di pricing basati sul valore, superando il tradizionale modello a ore. mark unrein, loro chief AI officer, ha quantificato un miglioramento dell’efficienza superiore al 25% e una riduzione dei costi in ambiti come la scrittura fino al 70%.
nel loro lavoro quotidiano, l’obiettivo è massimizzare la marginalità, facendo di ogni risorsa una leva più produttiva e sfruttata appieno.
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