Sciopero di 4 ore all’Ilva: operai uniti contro i costi delle scelte

Sciopero di 4 ore all’Ilva: operai uniti contro i costi delle scelte

Sciopero negli stabilimenti Ilva: i lavoratori chiedono verità e tutele

Un fermo di quattro ore ha coinvolto mercoledì tutti gli stabilimenti Ilva, convocato dai sindacati metalmeccanici Fiom, Uilm e Fim. La protesta nasce dalla contrarietà delle maestranze a pagare il prezzo delle scelte industriali e politiche che, a loro avviso, pesano ingiustamente sul loro futuro e sicurezza lavorativa.

L’incendio dell’altoforno 1 e le ripercussioni sull’attività produttiva

La scintilla che ha alimentato lo sciopero è stata l’incendio accaduto nell’altoforno 1 dell’acciaieria di Taranto. Questo evento ha convinto la procura a ordinare il sequestro dell’impianto senza possibilità d’uso, causando un immediato stop e accendendo un acceso confronto tra commissari di Acciaierie d’Italia e governo.

Le conseguenze non si sono fatte attendere: la produzione si è praticamente dimezzata e i commissari hanno dovuto aumentare drasticamente il numero di operai in cassa integrazione. A ciò si aggiunge il fatto che l’altoforno 2, che avrebbe dovuto già essere operativo da tempo, resta fermo a causa di ritardi nella manutenzione e carenza di risorse finanziarie, paralizzando ulteriormente la capacità produttiva.

Un grido sindacale per risposte concrete e un futuro incerto

Da tempo i sindacati denunciano la mancanza di risposte chiare sul destino dello stabilimento siderurgico. hanno reiteratamente chiesto alle istituzioni una voce definitiva su ciò che attende il sito produttivo e i lavoratori,ma ancora prevale un quadro cupo sul piano industriale e occupazionale.

Del resto, la trattativa riguardante la possibile cessione a Baku Steel appare ferma da prima dell’incendio. Le motivazioni, lontane dalle dichiarazioni ottimistiche del ministro Urso, sono legate sia a ostacoli finanziari sia alle complicazioni derivanti dall’autorizzazione integrata ambientale, con impatti diretti sulle prospettive di rilancio.

Impianti fermi e produzione ridotta: la crisi che si allarga

I sindacati sottolineano anche come il cosiddetto “Piano di Ripartenza” sia stato interrotto per mancanza di fondi adeguati, con dirette ripercussioni sulla manutenzione degli impianti e sulla capacità produttiva complessiva. Al momento, infatti, solo un altoforno è in funzione, mentre gli impianti di lavorazione a freddo, sia a Taranto sia negli stabilimenti di Genova e Novi Ligure, risultano completamente fermi.

Situazioni analoghe si riscontrano in altre sedi chiave del gruppo, come Racconigi, Paderno, Legnaro, Marghera e Salerno, dove le attività procedono a ritmi fortemente ridotti, quasi al minimo vitale. Una situazione che, di fatto, mette sotto pressione l’intera filiera e alimenta la preoccupazione dei lavoratori.

Il nodo occupazione e le scelte che pesano sulle famiglie

Questo sciopero si inserisce in un contesto di crescente tensione tra lavoratori, sindacati e istituzioni. I metalmeccanici ribadiscono che «il prezzo delle scelte non deve ricadere sulle famiglie», evocando una responsabilità condivisa nel cercare soluzioni che non riducano ulteriormente occupazione e dignità del lavoro.

Dalle parole dei rappresentanti emerge la necessità di un confronto più trasparente e di un impegno concreto da parte del governo e dei gestori per definire un piano industriale che rilanci infrastrutture e produzione, mantenendo intatti i livelli occupazionali e garantendo condizioni di lavoro sicure e stabili.