La Corte costituzionale riconosce doppia maternità nei figli da pma

La Corte costituzionale riconosce doppia maternità nei figli da pma

La Consulta dichiara incostituzionale il divieto di riconoscimento per la madre intenzionale nei casi di procreazione medicalmente assistita all’estero

La Corte costituzionale ha stabilito che il divieto di riconoscere come propria la madre intenzionale di un bambino nato in Italia tramite procreazione medicalmente assistita (PMA) praticata legittimamente all’estero viola i principi costituzionali. Con questa sentenza, depositata recentemente, la Consulta ha ribadito anche che il legislatore potrebbe ampliare l’accesso alla PMA a nuove tipologie familiari, come quelle monoparentali, senza incorrere in ostacoli costituzionali.

L’attuale legge, secondo la Corte, non è però «irragionevole né sproporzionata» nel negare l’accesso alla PMA alle donne single. Tuttavia, il fulcro della decisione riguarda il riconoscimento immediato della bigenitorialità per i figli nati all’estero da PMA: escludere la madre intenzionale dallo stato filiale sin dalla nascita non tutela adeguatamente l’interesse del minore.

I principi costituzionali violati dal divieto di riconoscimento

La Corte ha evidenziato come questa esclusione contrasti con più articoli della Costituzione:

  • Articolo 2: viene compromessa l’identità personale del bambino e il suo diritto a un riconoscimento giuridico stabile fin dalla nascita.
  • Articolo 3: la normativa attuale risulta ingiustificatamente discriminatoria, senza un reale controinteresse costituzionale che possa giustificarla.
  • Articolo 30: si ledono i diritti del minore relativi al rapporto con entrambi i genitori e alla responsabilità genitoriale.

La mancata attribuzione dello status di figlio a entrambi i genitori dal momento della nascita limita inoltre il diritto del bambino ad avere un rapporto bilanciato e continuativo con ciascun genitore, impedendo anche di conservare legami significativi con i parenti di ognuno di loro.

Madre biologica e madre intenzionale: un impegno condiviso

La pronuncia della Corte si basa su due riflessioni essenziali. Prima di tutto, la responsabilità connessa alla scelta comune di una coppia di ricorrere alla PMA, un impegno dal quale nessuno può sottrarsi, in particolare la madre intenzionale.

In secondo luogo, viene riaffermata la centralità dell’interesse del minore, il cui diritto a veder riconosciuti i propri legami familiari deve estendersi a entrambi i genitori, biologico e intenzionale, rendendo pienamente effettivi i diritti e gli obblighi genitoriali.

La testimonianza di Barbara: la battaglia di una madre single

Le vicende personali di molte madri intenzionali mettono in luce le lacune del sistema attuale. Barbara, madre single che ha ottenuto la PMA all’estero, racconta le difficoltà affrontate in Italia a causa di una legge percepita come discriminatoria, che non riconosceva il suo legame con il figlio alla nascita.

«Non è solo una questione burocratica», spiega Barbara, «ma riguarda il riconoscimento del legame affettivo e giuridico con mio figlio, fondamentale per la sua tutela e per la mia serenità come genitore».

Il caso emblematico di Lucca e il ruolo dei tribunali

La Corte costituzionale è stata interpellata da un tribunale italiano, quello di Lucca, che ha sollevato una questione di legittimità riguardante gli articoli della legge 40/2004 e del codice civile. In particolare, la controversia riguardava l’impossibilità di attribuire lo status di figlio anche alla madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali.

Il tribunale ha richiamato un monito precedente della stessa Consulta che invitava il Parlamento a colmare le lacune normative, evitando così disparità di trattamento per cittadini in situazioni analoghe.

La giurisprudenza sino a oggi ha mostrato posizioni discordanti: da un lato un orientamento maggioritario contrario al riconoscimento della maternità intenzionale,dall’altro un filone più favorevole. A questo si somma la disparità nei comportamenti adottati dai vari sindaci italiani nell’iscrizione anagrafica,con casi di rifiuto dell’iscrizione della madre intenzionale e altri in cui si è invece proceduto.

Le posizioni del Ministero dell’Interno e del Comune di Lucca

Il Ministero dell’Interno, parte nel procedimento, ha sostenuto che gli atti di stato civile costituiscono solo una prova o pubblicità dello status, non la sua origine, e che non sussiste legame biologico tra madre intenzionale e bambino. Inoltre, ha sottolineato che la fecondazione eterologa è stata praticata all’estero in maniera legittima ma fuori dagli schemi previsti dalla legislazione italiana.

Dall’altra parte, il Comune di Lucca ha difeso l’iscrizione del bambino con doppio cognome, considerandola conforme all’ordine pubblico e soprattutto all’interesse del minore.

Un nuovo orizzonte per la tutela dei figli e delle famiglie

La recente sentenza della Consulta non solo corregge un vuoto giuridico che penalizzava le famiglie nate attraverso la PMA all’estero, ma indica anche la strada verso una maggiore tutela dei diritti del minore e delle forme familiari contemporanee.la decisione sottolinea l’esigenza di un riconoscimento giuridico che rifletta i legami affettivi e di responsabilità reale, ampliando con uno sguardo moderno la concezione tradizionale di famiglia.

Giuseppe Rossi è un appassionato storyteller e content curator con una solida esperienza in ambiti diversi, dalla cultura e lifestyle alla tecnologia e viaggi. Laureato in Lettere Moderne, ha collaborato con diversi siti web e community online, creando articoli chiari e coinvolgenti per un pubblico ampio. Curioso di natura, si tiene sempre aggiornato su tendenze e curiosità, trasformando ogni argomento in un piccolo spunto di riflessione. Nel tempo libero ama esplorare nuovi itinerari in bicicletta e sperimentare ricette regionali in cucina.