Google AI Mode e l’impatto sul traffico web degli editori: un’analisi approfondita
In un clima carico di attesa e timori, Google ha finalmente introdotto AI Mode, la nuova esperienza di ricerca generativa basata su intelligenza artificiale che promette di trasformare profondamente il modo in cui gli utenti interagiscono con i risultati di ricerca. Lanciata da poco negli Stati Uniti,questa funzione si affianca alla già nota AI Overviews,con una capacità ancora più avanzata di sintetizzare risposte direttamente nelle pagine dei risultati.
AI Mode si basa sul modello Gemini 2.5 di Google e prevede l’integrazione di annunci pubblicitari nel flusso di ricerca,sia su desktop che su mobile,segnalando chiaramente la volontà di Google di monetizzare massicciamente questa evoluzione del motore.
Un colpo al cuore del traffico organico per gli editori
Gli editori digitali osservano con crescente preoccupazione: AI Mode rischia di accelerare una tendenza già in atto, quella della diminuzione dei click-through rate da Google Search. Il motivo è semplice e inquietante: l’IA fornisce risposte complete direttamente sulla pagina di ricerca, annullando la necessità di visitare i siti web originali. Un fenomeno che alimenta le cosiddette “ricerche a zero click”, ormai sempre più frequenti.
Testimonianze interne ad alcune grandi realtà editoriali, come Dotdash Meredith, parlano di una riduzione del traffico compresa tra l’1 e il 4% da quando AI Overviews è attivo, con una perdita di sessioni che si riflette anche sui ricavi pubblicitari. Tom Critchlow, esperto di crescita audience, sottolinea che mentre il numero di query indirizzate a Google aumenterà, i click in uscita diminuiranno.
Link presenti ma poco visibili: la sfida dell’attribuzione
AI Mode cita le fonti delle informazioni fornite, ma questi rimandi sono meno evidenti rispetto ai tradizionali risultati di ricerca. Sei dirigenti editoriali hanno concordato sul fatto che questa nuova UI comporterà un’ulteriore erosione del traffico referral proveniente da Google.
“Nonostante Google stia lavorando per migliorare l’interfaccia e incentivare i click, la realtà è che molte risposte esaustive soddisfano l’utente direttamente, riducendo drasticamente la necessità di approfondire.” — Paul Hood, consulente AI e ex dirigente News UK
Google però insiste sul potenziale di AI Mode come “motore di scoperta” capace di guidare gli utenti verso contenuti ancora più pertinenti, attraverso una tecnica detta “fan-out” che scompone le query in sottotemi con link di approfondimento.
Dati sulle performance ancora assenti: un limite per gli editori
La mancanza di dati precisi su click-through e utilizzo di AI Mode impedisce agli editori di valutare con esattezza l’impatto di questo strumento. Le dashboard di Google Analytics non riportano queste informazioni, lasciando un buco nero difficile da colmare. Le linee guida di google restano invariate, invitando a creare contenuti utili e chiari, senza tentare di ingannare gli algoritmi.
Per ora, un’adozione utente limitata concede un margine di respiro agli editori, che continuano a interrogarsi su come adattarsi.
Settori a rischio e nuove dinamiche di ricerca
Alcune categorie di siti, come quelli dedicati a ricette o all’informazione, risultano più esposte alle conseguenze di AI Mode. Ad esempio, in test recenti, l’IA ha estratto ricette complete da blog culinari senza rimandare chiaramente alle fonti originali.
In ambito news, AI Mode è capace di sintetizzare notizie appena pubblicate, anche entro dieci minuti dalla loro uscita, dimostrando una velocità di aggiornamento molto alta. Tuttavia, le query su notizie di cronaca più “dure” non attivano sempre queste sintesi.
Sundar pichai, CEO di Google, ha osservato come le ricerche effettuate su AI Mode tendano a essere più lunghe e articolate, moltiplicando per due o tre il numero di parole rispetto alla ricerca tradizionale. Questa conversazione più ricca potrebbe però complicare il compito degli editori nel catturare l’attenzione degli utenti e nel monetizzare la propria audience online.
Strategie di risposta: la diversificazione come parola d’ordine
Davanti a questa rivoluzione, il consiglio più ricorrente è quello di diversificare le fonti di traffico, riducendo la dipendenza da google Search. Sebbene sia una strada complessa, molti editori stanno già investendo nel potenziamento dei canali proprietari, focalizzandosi ad esempio su metriche di conversione degli abbonamenti invece che sul mero volume di visitatori.
Un dirigente editoriale ha sottolineato l’incertezza attuale: nessuno ha ancora ideato un piano concreto per ottimizzare contenuti in vista di AI Mode, per carenza di dati e chiarezza sull’evoluzione del modello.
Dati salienti e riflessioni finali
- Un editore ha stimato un calo delle sessioni tra 1,5 e 4% a causa di AI Overviews, con un impatto sui ricavi più contenuto, legato ai termini di ricerca meno coinvolti dall’IA.
- Google segnala oltre 1,5 miliardi di utenti mensili di AI Overviews in più di 200 Paesi.
- Il numero di query che attivano risposte AI è cresciuto del 10%.
- The Economist conta circa 1,2 milioni di iscritti, un esempio di successo nell’era dell’informazione digitale in evoluzione.
Questo cambiamento impone agli editori una riflessione profonda su come ripensare la propria presenza digitale. La gestione del traffico, la trasformazione dei contenuti e la capacità di fidelizzare il pubblico saranno determinanti per navigare il nuovo scenario delineato dall’intelligenza artificiale di Google.
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