Apple sotto pressione: Trump impone la produzione degli iPhone negli USA o tasse del 25%
Negli ultimi giorni, Donald trump ha lanciato un ultimatum deciso ad Apple: se gli iPhone venduti negli Stati Uniti non saranno prodotti in patria, l’azienda dovrà affrontare una tariffa minima del 25% sui dispositivi realizzati all’estero. Un provvedimento che,più che una sorpresa,segna un’accelerazione nello scontro tra governo e multinazionali tech sulle politiche industriali nazionali.
La richiesta di Trump a Tim Cook
Su una delle sue piattaforme social,Trump ha dichiarato apertamente di aver già comunicato al CEO di Apple,Tim cook,la necessità che gli iPhone destinati al mercato statunitense siano assemblati unicamente negli Stati Uniti.
“Io mi aspetto che gli iPhone venduti in America vengano prodotti negli Stati Uniti, non in india o altrove. Altrimenti Apple dovrà pagare una tariffa di almeno il 25%.”
Questa presa di posizione arriva dopo un confronto avuto con Cook durante un evento in Medio Oriente, dove Trump ha espresso il suo “piccolo problema” con la decisione del gruppo di spostare parte della produzione in India. Incontratisi successivamente alla Casa Bianca, i due leader avrebbero discusso di un potenziamento della produzione americana.
Il percorso produttivo di Apple e la sfida dell’assemblaggio
Non è la prima volta che Apple affida all’India parte della manifattura degli iPhone: dal 2017,la produzione nel paese asiatico si è concentrata inizialmente sui modelli più economici,ampliandosi poi fino agli smartphone di punta nel 2023. Questa strategia si è intensificata in risposta alle tariffe imposte dalla cina — ridotte recentemente ma ancora significative — spingendo Cupertino a puntare su un trasferimento quasi totale dell’assemblaggio destinato al mercato USA dall’ex Impero di Mezzo all’India entro la fine del 2026.
Impossibile, ma non per questo trascurabile
Ripensare l’intera catena produttiva e portarla negli Stati Uniti si presenta come un’impresa dalle molte insidie. Un iPhone moderno contiene circa 2.700 componenti realizzati da 187 fornitori sparsi in 28 paesi,con la stragrande maggioranza concentrata in Cina. attualmente,circa il 90% della produzione e assemblaggio avviene proprio lì.
Oltre ai complessi fattori logistici,anche la disponibilità di siti produttivi e manodopera qualificata negli USA è un punto critico. Il costo del lavoro negli Stati Uniti è nettamente superiore: un operatore in fabbrica guadagna mediamente oltre $40.000 annui, mentre in paesi come il Vietnam la paga è inferiore a $5.000.Senza considerare la natura ripetitiva e faticosa del lavoro,che influisce sulla volontà di molti americani di accettarlo.
Le conseguenze economiche per i consumatori
Anche lasciando da parte difficoltà e tempi lunghi, gli esperti avvertono che il passaggio a una produzione nazionale degli iPhone potrebbe triplicare i costi finali per i consumatori. Un prezzo che, per quanto giustificato da questioni geopolitiche e di sicurezza economica, rischia di mettere a dura prova la domanda in un mercato già competitivo e altamente sensibile ai prezzi.
Uno scenario in evoluzione
- Apple rischia di vedere le sue azioni scendere in risposta a interventi del governo che cambiano drasticamente la sua strategia produttiva.
- Il trasferimento della produzione comporta una rete complessa che si intreccia con fornitori in tutto il mondo, rendendo arduo qualsiasi spostamento rapido.
- Le decisioni future potrebbero ridisegnare non solo il mercato tecnologico, ma anche il panorama economico globale, con impatti tutto sommato imprevedibili.
Alla luce di tutto questo,la domanda che molti si pongono è: quanto la silicon valley e l’industria globale saranno capaci di adattarsi a un cambio così radicale? E soprattutto,quali compromessi i consumatori saranno disposti ad accettare pur di vedere un prodotto Made in USA?
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