Kneecap tra accuse di terrorismo e censura: il pugno duro contro la band a Londra
I Kneecap sono tornati a esibirsi dopo che il membro Mo Chara, conosciuto anche come Liam Óg Ó hAnnaidh, è stato accusato di un reato legato al terrorismo. Gli eventi si sono svolti tra tensioni e polemiche nate in seguito alla sua presunta esposizione di una bandiera di hezbollah durante un concerto londinese dello scorso anno.
La risposta della band: una questione politica, non giudiziaria
Il gruppo si è subito dichiarato contrario all’accusa, parlando di un vero e proprio strumento di distrazione dall’emergenza umanitaria in corso. “Questo non è il nostro vero problema, la storia da raccontare è il genocidio”, hanno detto in una nota pubblica. In un messaggio precedente, avevano precisato di non aver mai sostenuto né Hamas né Hezbollah.
Concerti confermati nonostante gli ostacoli
Nonostante i tentativi di boicottare le loro esibizioni, Kneecap hanno suonato a sorpresa al 100 Club di Londra e hanno poi chiuso in testa il cartellone del festival Wide Awake a Brockwell Park. Durante il loro set,Ó hAnnaidh ha condiviso con il pubblico i retroscena della loro difficile battaglia: “non immaginate quanto ci siamo sfiorati la cancellazione del concerto. Ho quasi pensato che non sarebbe successo nemmeno questo.”
Un’accusa che sembra invece mirare a soffocare la loro voce prima dell’atteso appuntamento a Glastonbury, uno dei festival più importanti del Regno Unito. A tal proposito, il frontman ha raccontato che la rapidità con cui è stata formalizzata la denuncia è sospetta, proprio a ridosso della loro performance sul palco più ambito: “Sembrerebbe che abbiano accelerato i tempi apposta per fermarci.”
Un messaggio politico sul palco
I loro concerti non si sono limitati all’intrattenimento: il messaggio politico è chiaro e forte. In entrambe le apparizioni, compresa quella a Coachella negli Stati uniti, hanno denunciato quello che definiscono un genocidio commesso dallo Stato di Israele contro il popolo palestinese, con l’appoggio implicito del governo britannico.Questa presa di posizione ha scatenato un’ondata di critiche soprattutto sui social, dove commentatori di ogni schieramento si sono confrontati animatamente sui loro contenuti.
Al Wide Awake festival sono stati proiettati i principali passaggi di queste critiche, trasformando parte dello spettacolo in un’autentica messa in discussione pubblica della loro denuncia.
Il sostegno dei fan e ulteriori sviluppi
tra i momenti più intensi del concerto, c’è stato l’appello del compagno di band Moglai Bap, che ha invitato i sostenitori a presentarsi al tribunale di Westminster in occasione dell’udienza prevista per giugno, per dimostrare solidarietà a Ó hAnnaidh.
Lo stesso frontman non ha risparmiato parole dure contro la pressione ricevuta: “Non siamo noi la vera storia, ma un esempio da punire. Lobby israeliane sono pronte a colpire duramente chiunque osi parlare, minacciando cancellazioni di concerti e limitazioni nella libertà personale.Se siamo qui davanti a voi, è perché molti condividono questa battaglia.”
Tra Cultura e Controversie: la sfida del festival Wide Awake
Non solo Kneecap, ma tutto il festival Wide Awake ha rischiato di essere interrotto da un ricorso legale di un gruppo locale che ha messo in dubbio la validità dei permessi concessi per l’uso del parco pubblico.In particolare, la questione riguardava il limite di giorni consentiti per eventi di questo tipo, superato secondo gli attivisti.
Nonostante la sentenza, gli organizzatori di Brockwell Live hanno confermato lo svolgimento delle manifestazioni, sottolineando il loro impegno nella manutenzione e tutela dell’area verde.
Un contesto in continua evoluzione
I fatti che coinvolgono Kneecap vanno oltre il semplice concerto, riflettendo nodi profondi tra espressione artistica, attivismo politico e limiti imposti dalle istituzioni. La vicenda invita a riflettere su quanto il palco possa diventare uno spazio di confronto acceso, dove si intrecciano questioni legali, diritti civili e forme moderne di censura.
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