Il Tribunale Amministrativo del Lazio annulla il divieto di self check-in per gli affitti turistici
Martedì scorso,il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del lazio ha annullato l’ordinanza del ministero dell’Interno che vietava il check-in remoto per gli affitti turistici,giudicandola priva di solide basi giuridiche e gravosa per i proprietari degli immobili.
Il divieto, introdotto dal ministero dell’Interno il 18 novembre, aveva interrotto abruptamente una prassi ormai diffusa tra affittuari e ospiti, imponendo ai proprietari l’obbligo di effettuare personalmente le operazioni di registrazione.
Le ragioni del ministero e le critiche
All’epoca, il ministero motivò la misura con la necessità di “prevenire rischi per l’ordine pubblico e la sicurezza”, soprattutto legati all’eventuale accoglienza di soggetti pericolosi o legati a organizzazioni criminali o terroristiche.
Secondo la circolare, l’assenza di un riconoscimento personale degli ospiti avrebbe reso possibile “l’occupazione degli immobili da parte di persone con identità ignote alle forze dell’ordine”. In seguito al divieto, in diverse città italiane si sono succedute operazioni di polizia volte a rimuovere le cassette porta-chiavi, scatenando malcontento tra migliaia di turisti e proprietari che avevano affidato a queste modalità l’accoglienza.
La sentenza del TAR e le sue motivazioni
Il TAR Lazio ha ritenuto che l’obbligo di identificazione personale non garantisca di per sé la sicurezza pubblica, smentendo così la tesi ministeriale.
“L’identificazione in presenza non è, di per sé, idonea a garantire l’ordine pubblico e la sicurezza, come invece afferma la circolare,” ha chiarito il tribunale.
Il giudice ha inoltre sottolineato come le restrizioni imposte manchino di adeguati fondamenti giuridici e si traducano in un peso eccessivo per i proprietari.
La posizione di FARE e le reazioni politiche
L’associazione italiana degli affitti turistici, FARE, ha accolto con favore la decisione del TAR, rimarcando che le preoccupazioni legate alla sicurezza non possono diventare un pretesto per ostacolare l’evoluzione del settore e per gravare indebitamente chi opera nel rispetto delle normative.
FARE ha aggiunto che il divieto risponde a problematiche non dimostrate e rappresenta una violazione del principio di legalità, imponendo un onere sproporzionato al comparto extra-alberghiero.
Da parte sua,il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla sentenza.Un portavoce del ministero ha però riferito ai media italiani che si attenderà la pubblicazione integrale delle motivazioni del TAR prima di valutare un eventuale ricorso.
Limiti dell’annullamento e ordinanze locali
Secondo fonti giornalistiche, la sentenza ha effetto esclusivamente sul divieto nazionale emanato il 18 novembre e non incide sulle ordinanze comunali già in vigore nelle varie città.
Ad esempio, a Firenze il divieto comunale di posizionare cassette porta-chiavi, introdotto a fine febbraio, rimane in vigore nonostante il pronunciamento del TAR.
Il sindaco di firenze,sara Funaro,ha dichiarato a la Nazione di accettare la decisione del tribunale ma ha confermato l’intenzione di mantenere il provvedimento locale in essere.
Le prime reazioni politiche fiorentine
Immediata la risposta delle opposizioni di centrodestra, che hanno chiesto la revoca della normativa comunale. Marco Stella, capogruppo toscano di Forza Italia, ha definito la sentenza un colpo deciso alle politiche anti-affitti brevi del Comune di Firenze.
Stella ha invitato la sindaca a ritirare “l’assurda e inquisitoria campagna contro gli affitti turistici”.
Il dibattito sul bilanciamento tra sicurezza, regolamentazione e innovazione nelle modalità di gestione degli affitti turistici continua quindi a tenere banco, confermando l’urgenza di soluzioni che tengano conto delle esigenze di tutti gli attori coinvolti.
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