La morte nello spazio: come NASA si prepara all’inevitabile sfida dell’ultimo viaggio oltre la terra
Un bagaglio silenzioso in orbita
Nel 2012, senza clamore né annunci pubblici, la NASA ha inviato in orbita una busta speciale, una sorta di “contenitore per resti umani” noto come Human Remains Containment Unit (HRCU). A prima vista, questa appare come una normale borsa refrigerata, simile a quelle usate per il trasporto di campioni biologici congelati sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). In realtà, rappresenta un passo concreto e tangibile nella preparazione a un evento che finora si era considerato solo teorico: la morte nello spazio.
Dal tabù alla realtà scientifica
Mentre il pubblico rimane affascinato dai dettagli tecnici e igienici della vita orbitale, cresce l’urgenza di affrontare la realtà che gli astronauti, sempre più numerosi, con missioni di durata crescente e un’età media intorno ai 50 anni, potrebbero dover incontrare la morte lontano dalla Terra.L’agenzia americana è consapevole che questa possibilità non è più ipotetica e si muove di conseguenza.
Quando la morte nello spazio diventa una probabilità concreta
Fino a ora, nessuno è deceduto per cause naturali al di fuori del nostro pianeta. L’unico incidente fatale avvenuto nello spazio risale al 1971, durante la missione sovietica Soyuz 11, dove la decompressione causò la morte dell’equipaggio.Diversi altri decessi sono accaduti solo all’interno dell’atmosfera terrestre, quindi sotto la giurisdizione nazionale di vari Paesi. I futuri viaggi verso la Luna, Marte e oltre metteranno alla prova questi limiti giuridici e tecnici.
Gestire la morte in orbita: un’agonia in sospeso
In caso di decesso a bordo dell’ISS, il corpo verrebbe inserito nell’unità HRCU, una borsa conforme agli standard militari per condizioni estreme. Dotata di filtri per eliminare odori,materiali assorbenti e sistemi di raffreddamento integrati alla struttura della stazione,questa borsa è dotata anche di fasce per fissare il corpo al sedile durante il trasporto e targhette identificative con nome e nazionalità.
Ma nonostante l’apparente completezza del sistema, l’HRCU non è mai stato utilizzato in orbita. Gli effetti della microgravità sulla decomposizione umana sono ancora in gran parte sconosciuti, così come le reazioni del corpo in ambienti extraterrestri come la superficie lunare. Questo vuoto conoscitivo rappresenta un problema scientifico e operativo, soprattutto perché la morte nello spazio non è solo una tragedia personale ma un elemento cruciale per capire se il decesso è stato causato da un malfunzionamento della navicella o da fattori medici inevitabili.
Un addestramento per la scena del crimine spaziale
Per questo motivo, gli astronauti ricevono una formazione specifica nella raccolta forense: fotografare il corpo, prendere campioni di sangue, liquidi oculari, capelli e tessuti prima di conservare la salma nell’HRCU. Nel caso il decesso avvenga al di fuori della stazione – durante una passeggiata spaziale, sulla Luna o in missioni profonde – è prevista l’utilizzazione di un’apposita “capsula spaziale” per avvolgere il corpo.
Se la Terra non è un’opzione: sepolture e protocolli extraterrestri
Quando il rientro del corpo non è praticabile, esistono procedure che prevedono l’inumazione nel suolo lunare o il rilascio dell’involucro corporeo in orbita intorno al Sole.In questi casi, il corpo diventa un “artefatto storico”, una pratica che coniuga rispetto e dignità umana a esigenze tecniche e logistiche. NASA vuole evitare a tutti i costi che la prima morte spaziale diventi uno spettacolo mediatico trasmesso in diretta.
Gli astronauti sono inoltre preparati a gestire il lutto: devono partecipare a brevi cerimonie di commemorazione e poi proseguire con le attività della missione. Questa routine delicata riflette l’equilibrio complesso tra emozioni umane e la disciplina richiesta per la sopravvivenza collettiva in ambienti estremi.
Zone d’ombra legali ed etiche
Il quadro normativo sulla gestione dei corpi nello spazio è quanto mai incerto. sulla ISS, è semplice attribuire la giurisdizione allo Stato di provenienza dell’astronauta. Ma cosa succede quando si parla di basi private, o di insediamenti lunari e marziani? Cosa accade in caso di morte sospetta o violenta?
I principali accordi internazionali, come quelli di Artemis o il Trattato sullo Spazio del 1967, evitano queste tematiche intime e complesse. Questi dettagli cruciale rappresentano nuove sfide per il diritto spaziale, che dovrà evolvere al ritmo della colonizzazione extraterrestre.
La morte come banco di prova per l’umanità nello spazio
Finora la NASA ha eccelso nel mantenere gli astronauti in vita durante le missioni orbitanti. Tuttavia, con l’espansione delle esplorazioni spaziali, il momento in cui qualcuno non tornerà più a casa è solo una questione di tempo. Quel giorno, la gestione della morte fuori dal pianeta diventerà una prova decisiva per le capacità tecniche, etiche e umane dell’umanità.
Lo spazio non guarda indietro,ma noi sì. La nostra reazione al primo “ultimo viaggio” tra le stelle sarà la testimonianza più profonda di chi siamo, proprio quando usciremo dai confini terrestri per affrontare l’ignoto, con tutte le sue incertezze e drammi.
Siamo social! Clicca e seguici per essere sempre connesso con noi!