La Corte Suprema brasiliana e l’incostituzionalità dell’articolo 19 del Marco Civile della Rete
La Corte Suprema federale (STF) ha raggiunto una maggioranza favorevole a dichiarare incostituzionale l’articolo 19 del Marco Civile della Internet, decisione che apre scenari complessi nel panorama della regolamentazione dei contenuti online.
Rimozione dei contenuti online: cosa cambierà?
Spetterà ora ai giudici stabilire quali tipi di contenuti debbano essere rimossi dalle piattaforme digitali dopo una semplice segnalazione da parte degli utenti, senza necessità di un ordine giudiziario formale. ad oggi, la rimozione obbligatoria riguarda casi chiari come la violazione del diritto d’autore o la diffusione non autorizzata di immagini intime. Le piattaforme che non ottemperano rischiano sanzioni.
La sfida delle valutazioni soggettive
Ma la questione si complica quando si tratta di contenuti che toccano ambiti meno nitidi, come accuse di diffamazione o commenti che potrebbero configurare un attacco all’ordine democratico. Queste situazioni richiedono un’esame approfondito basato su prove documentate e devono garantire il contraddittorio, pena il rischio di errori giudiziari e di arbitrio.
Impatto sulla libertà di espressione e rischio di censura
Questo intervento del Supremo appare come un’ingerenza fuori misura nel lavoro del legislativo, generando un clima di insicurezza giuridica. Le piattaforme, per timore di responsabilità, potrebbero adottare una linea di censura preventiva generalizzata, piuttosto che affrontare il difficile compito di valutare caso per caso. Non è un mistero che il sistema giudiziario brasiliano abbia avuto atteggiamenti controversi nei confronti della libertà di stampa e parola.
Un esempio eloquente è la recente sentenza del Tribunale Superiore di Giustizia (STJ) che ha condannato una rivista e i suoi giornalisti a versare un risarcimento per danni morali a un ministro della Corte Suprema. la motivazione? Un articolo del 2017 giudicato eccessivamente ironico, un fatto che solleva quesiti sul confine fra critica giornalistica e diffamazione.
Chi controllerà la rimozione dei contenuti?
Un altro nodo cruciale riguarda l’organo incaricato di supervisionare le rimozioni. Il ministro Gilmar Mendes ha citato un proverbio attribuito al leader cinese Deng Xiaoping: “Non importa il colore del gatto,l’importante è che catturi il topo”. Tuttavia, in questo scenario la “colorazione” dell’ente di controllo è tutt’altro che irrilevante.
Affidare questo compito a un organismo monocratico e appartenente all’Esecutivo federale appare rischioso, evocando dinamiche proprie di sistemi autoritari. In passato,Mendes ha suggerito che la vigilanza possa spettare all’Autorità Nazionale per la Protezione dei Dati (ANPD),ente collegato al Ministero della Giustizia,che ha già mostrato un’impronta contestata nelle sue funzioni di controllo,minando trasparenza e accesso alle informazioni pubbliche.
Censura mascherata da regolamentazione?
La confusione normativa e istituzionale che emerge da questa decisione potrebbe essere sintetizzata dal proverbio: “Se sembra un’anatra, nuota come un’anatra e gracchia come un’anatra, allora probabilmente è un’anatra”. Tradotto nel contesto attuale, se la misura ha l’aspetto di una censura, con i suoi effetti e modalità, allora è inevitabilmente censura.
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