Europa stringe le maglie sui criteri per ottenere la cittadinanza
Negli ultimi mesi diversi Paesi europei stanno rivedendo norme e procedure per chi desidera acquisire la cittadinanza, introducendo requisiti più severi e nuove prove da superare. L’attenzione su queste modifiche cresce, alimentata da dibattiti politici e sociali che riflettono tensioni sull’immigrazione e l’identità nazionale.
Le nuove regole in vigore e in discussione
In Svezia, ad esempio, si è proposta l’estensione del periodo di residenza richiesto da 5 a 8 anni, insieme a controlli più rigorosi sui candidati. Da aprile, l’Agenzia per la migrazione ha rallentato temporaneamente l’iter delle domande a causa di verifiche di sicurezza più approfondite, e si valuta l’introduzione di prove linguistiche e civiche.
In Finlandia la residenza necessaria per la naturalizzazione è passata da 5 a 8 anni,con una riduzione del tempo massimo di assenza consentito durante il percorso.
In Germania, il nuovo governo ha varato una legge che elimina la corsia preferenziale per chi si considera «altamente integrato», che prevedeva un percorso più rapido di soli 3 anni di residenza. Questa decisione inverte parzialmente la riforma del 2024, anche se resta confermata la possibilità di ottenere la cittadinanza in 5 anni e la doppia cittadinanza.
In Italia un referendum per ridurre la durata della residenza richiesta non ha raccolto il quorum, mentre il Parlamento ha introdotto limiti all’acquisizione del diritto per discendenza, ora possibile fino a due generazioni.
La Danimarca ha aumentato del 50% la quota richiesta per la cittadinanza e sta valutando la possibile esclusione di candidati con idee ritenute «antidemocratiche». Anche in norvegia il futuro governo, potenzialmente di destra, promette maggior rigore sui requisiti per diventare cittadini.
Un clima politico in fermento in tutta Europa
In Francia, dove l’estrema destra anti-immigrazione si è rafforzata, il ministro dell’Interno ha annunciato l’intenzione di inasprire le regole, introducendo test di storia e educazione civica per i richiedenti cittadinanza.
Nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, entrambi sotto governi di diversa natura politica, si discute di prolungare il periodo di residenza da 5 a 10 anni, come parte di un più ampio giro di vite sulle norme migratorie.
Perché così tante modifiche in poco tempo?
Secondo il professor Maarten Vink, docente di studi sulla cittadinanza presso l’Istituto Universitario europeo di Firenze, tali cambiamenti sono un fenomeno normale in democrazia. Le leggi sulla cittadinanza mutano in base all’equilibrio politico, che rispecchia le priorità del momento, specialmente in un periodo in cui il tema migrazione è centrale.
“Le norme europee sulla cittadinanza sono oggi più dinamiche rispetto ad altre aree del mondo; tuttavia i cambiamenti non vanno tutti nella stessa direzione.”
La svolta della doppia cittadinanza
Un trend chiaro e pressoché univoco riguarda la crescente accettazione della doppia cittadinanza, concetto diffusamente limitato fino a qualche decennio fa per questioni di fedeltà nazionale e obblighi militari.
Ad oggi, salvo alcune eccezioni come Austria, Paesi Bassi e alcune nazioni dell’Est Europa, la normativa europea si è spostata verso una maggiore flessibilità, in parte spinta dai legami familiari transnazionali e dal mutato ruolo della donna nelle leggi sullo status di cittadino.
In passato, il matrimonio con un cittadino straniero implicava spesso la perdita della propria nazionalità e la trasmissione della cittadinanza esclusivamente tramite il padre. Oggi, il riconoscimento paritario tra i sessi ha aperto la strada a famiglie con doppia nazionalità, spesso miste.
Anche nel recente dibattito tedesco, pur con alcune retromarce, si conferma la permanenza di questi principi.
Famiglia e cittadinanza: un legame in evoluzione
Nuove normative familiari influenzano a loro volta le leggi sulla cittadinanza. Ad esempio, la possibilità per un genitore non biologico in famiglie dello stesso sesso di trasmettere la cittadinanza al figlio è riconosciuta soprattutto nei Paesi scandinavi, mentre altrove rimane più limitata.
Regole condivise e limiti europei
Va ricordato che la normazione sulla cittadinanza non è solo frutto delle legislazioni nazionali. La Convenzione europea sulla nazionalità, firmata nel 1997 sotto il Consiglio d’Europa, stabilisce limiti comuni, come il periodo massimo di residenza di dieci anni, che nessun Paese può superare.La maggior parte applica richieste inferiori, spesso intorno ai cinque anni.
Alcuni Stati, tra cui Francia, Italia e Polonia, non hanno ancora ratificato la Convenzione, ma comunque si attengono a criteri simili.
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