“Drunken Noodles”: il racconto sensuale di un’estate newyorkese tra incontri fugaci e intimità impalpabili
In una calda serata estiva a Brooklyn,un giovane studente universitario gay naviga le app di incontri alla ricerca di un momento di piacere. Poco dopo, incontra in un parco di quartiere un fattorino di cibo in bicicletta, appena concluso il turno. Senza scambiarsi neanche un nome, si rifugiano in un angolo buio per concedersi un’intimità rapida e disinvolta, terminando la serata condividendo una porzione avanzata di pad kee mao su una panchina vicina. Chi considera il dating digitale un’anomalia sociale potrebbe vedere in questa scena lenta, umida e calibrata di Lucio Castro, nel suo “Drunken Noodles”, la conferma delle proprie convinzioni. Ma non è solo questo: il film cattura con delicatezza l’intesa sottile che si crea anche durante incontri erotici fugaci, un’energia naturale che permea questo ritratto di personaggi sospesi in un’atmosfera calda e leggermente ventosa.
Un regista tra sperimentazione e sensualità
Dopo l’audace sperimentazione di “After This Death”, presentato pochi mesi fa alla Berlinale, Castro ritorna con il suo terzo lungometraggio a un terreno più noto: quello sensuale e un po’ onirico già esplorato nel suo debutto “End of the Century” del 2019. Però qui, la narrazione si fa più leggera e perfino giocosa, concentrandosi meno sulle questioni esistenziali a lungo termine e più sulle passioni di breve durata e sugli incontri carnali. lo sguardo del regista argentino è caldo e privo di giudizio,un tocco rinfrescante in un panorama cinematografico,anche quello LGBTQ+ e d’autore,spesso carente di rappresentazioni autentiche della sessualità.
Un protagonista sfaccettato e una narrazione non lineare
La voce e l’aria misurata di Laith Khalifeh definiscono il ritmo di “Drunken Noodles”. Il suo personaggio, Adnan, è uno studente d’arte che trascorre l’estate a New York facendo da cat-sitter per un ricco zio. Con baffi alla moda e un guardaroba appena abbondante, è il classico hipster cittadino al passo coi tempi, impegnato come stagista in una galleria d’arte underground a Williamsburg. Ma dietro questa facciata, si percepisce un’ingenuità leggermente inquieta che lo rende irresistibile agli uomini che incontra, diversi per età e carattere, nel corso delle tre sezioni del film, disposte in ordine cronologico inverso.
Il primo capitolo racconta l’incontro di Adnan con yariel (interpretato da Joel Isaac), il ciclista di DoorDash. Tra loro scocca un’intesa delicata, piuttosto fisica e un po’ incerta, che si evolve in una timida serata al museo dove Adnan lavora, tra tappezzerie di folk art audacemente esplicite, raffiguranti scene di sesso vigoroso e giochi BDSM. Queste opere, popolate di colori vividi e ricami minuti, diventano quasi un’anticipazione di una successiva festa tra riders, descritta come un caos di jockstrap, caschi e pelle nuda, presentato da Castro come un montaggio fotografico ironico, da ammirare idealmente come un’altra opera esposta all’interno dello stesso spazio.
Un viaggio tra realtà e magia nelle foreste dello stato di New york
La narrazione torna indietro di un anno, nel momento in cui Adnan incontra Sal, un artista sessantenne e neurochirurgo interpretato da Ezriel Kornel. Il loro incontro avviene casualmente mentre passeggiano in bici attraverso boschi upstate, e la chimica tra loro è immediata e tacitamente riconosciuta. Quell’intesa si trasforma in un rapporto sessuale disinvolto, per poi sfociare in una notte di esplorazione che, con un tocco volutamente svagato, conduce il film verso il realismo magico inaspettato, mantenendo però quell’atmosfera lieve e malinconica che avvolge l’intera pellicola. la successiva sezione del film prosegue questo gioco temporale, spostandosi indietro di qualche giorno per offrire una comprensione più profonda della personalità esplorativa di Adnan.
Riflessioni sottili su solitudine, relazioni e desideri
“Drunken Noodles” indaga con sottile precisione non soltanto la libertà e il senso di isolamento che accompagnano la vita da single, ma anche l’ambivalenza dei legami di coppia gay. Una scena saviamente ironica mostra Adnan condividere con il suo partner divertito un ricordo strambo della sua prima scoperta sessuale infantile, un segreto che rimarrà fra i tanti annotati nella sua storia di incontri casuali, mentre contemporaneamente cerca di costruire un rapporto aperto e affettuoso. L’epilogo assume invece una vena sognante e poetica, quasi a ribadire che, a volte, la piena solitudine può essere l’esperienza più autentica e preziosa.
Uno stile di regia che rispecchia flessibilità e naturalezza
L’intera pellicola sembra essere costruita all’insegna della spontaneità: un montaggio fluido e con pochi fronzoli da parte di Castro, la fotografia di Barton Cortright domina con luci naturali e colori intensi ma mai saturi, permeati da una sensazione di calore sudato. Colonne sonore discrete e costumi studiati ma minimali, firmati da Yegang Yoo, contribuiscono a valorizzare i dettagli di una vita sospesa tra realtà e fantasia. Questo spirito produttivo agile e leggero rispecchia lo sguardo riflessivo di Castro, che si concentra sulle piccole estasi quotidiane – una passeggiata nei boschi, una forma perfetta lasciata scoprire, un cartone di cibo da asporto consumato con attenzione quasi rituale.
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