L’arte del gioco: Blue Prince supera i giganti del settore

L’arte del gioco: Blue Prince supera i giganti del settore
L’arte del gioco: Blue Prince supera i giganti del settore

Il successo di Blue Prince: una storia di impegno e creatività

All’apparenza, poteva sembrare un azzardo. Tuttavia, questo audace ibrido tra roguelite e puzzle ambientali, noto come Blue Prince, ha conquistato la critica e si è attualmente affermato come uno dei migliori videogiochi dell’anno secondo Metacritic. Questo successo non è frutto del caso, ma del duro lavoro quotidiano di un team che include un talento italiano: Davide pellino, l’art director del gioco. Abbiamo avuto l’opportunità di discutere con lui non solo del suo progetto, ma anche del contesto artistico e professionale in cui si colloca la sua figura.

La genesi di Blue Prince

Blue Prince ha rappresentato un vero e proprio progetto di vita per il suo creatore, Tonda Ros. Lo sviluppo ha richiesto ben otto anni, e Pellino è stato coinvolto sin dall’inizio. “Nel settembre 2017”, racconta, “avevo già iniziato a costruire un portfolio in linea con il futuro stile di Blue Prince. Un giorno, colto da sorpresa, ho trovato un’email di Tonda. Credevo fosse spam, ma scorrendo la posta indesiderata ho scoperto che mi cercava per diventare il suo direttore artistico. Ho risposto immediatamente e, fortunatamente, ho avuto la possibilità di lavorare con lui”.

Quando Davide si unì al progetto, esisteva già una prima versione della struttura del gioco, ma mancava totalmente un’identità visiva. “Dovevo completamente ripensare l’aspetto artistico, sostituendo gli asset esistenti per dare coerenza al tutto. Ho impiegato due anni per realizzarlo, e non ero solo. Con me c’erano Attilio di Gaeta e Luca de Felice, due collaboratori che ho portato in ogni progetto”.

Collaborazione e creatività

Le specifiche fornite da Tonda erano inizialmente vaghe, contribuendo a una sfida stimolante. “Non spiegava esattamente l’uso degli oggetti da modellare, il che poteva sembrare frustrante. Ho trovato il mio modello dopo circa 150 ore di gioco, e solo allora ho compreso le sue indicazioni. La cosa bella era la sua volontà di essere coinvolto; non era mai un semplice ‘fai tu’”.

Circa il 85% del gioco può essere attribuito a Tonda,ma pellino e il suo team sono stati liberi di decidere come realizzare le sue visioni.Hanno scelto di utilizzare un approccio procedurale per creare gli asset, rendendo possibile coprire l’intero gioco con un numero limitato di texture. “Questo ha permesso di mantenere una coerenza estetica, il che, dal punto di vista tecnico, è stato complesso”.

Momenti di sfida e gioia

Coloro che lavorano nel settore dei videogiochi possono attestare quanto possa essere stressante. “Nonostante io consideri un privilegio lavorare in questo campo, ci sono giorni interi in cui tutto sembra andare storto. Le scadenze possono creare una pressione smisurata, specialmente in un piccolo studio dove gli errori sono immediatamente evidenti”.

Tuttavia, ci sono anche momenti memorabili. “Lavorare sulle stanze è stato un punto culminante. Sembrava semplice, ma la gestione degli spazi interni era una sfida incredibile, dovendo adattare le finestre senza visualizzare il gioco in fase di sviluppo. Ogni ambiente risultava un puzzle da comporre”.

Un approccio ai colori consapevole

I colori in Blue Prince non sono stati scelti a caso; ognuno ha un significato. “Ho dovuto definire una palette di colori nitida e coerente. Una volta stabiliti, questi colori non sono mai stati messi in discussione, ciò ha semplificato notevolmente il nostro lavoro negli otto anni di sviluppo. Inoltre, i sottili riferimenti ai temi del gioco sono stati curati da Tonda, che ha modificato oggetti e colori per riflettere il significato narrativo”.

Riferimenti e ispirazioni

Rispondendo a una domanda su possibili connessioni tra Blue Prince e altre opere, Pellino ha chiarito: “Non c’è nulla che richieda l’intervento di una community per essere risolto. Ogni riferimento è limitato al gioco stesso, e non abbiamo piani per contenuti futuri. Dopo otto anni, l’opera è conclusa”.

Il ruolo del direttore artistico

Pellino offre una visione sincera del suo ruolo. “Di solito, un direttore artistico riceve un prototipo di gioco che necessita di una visione coerente e unica.Riempire questo ‘grande vuoto’ è un compito complesso,che richiede una visione chiara e capacità di gestione. È cruciale lavorare sia sugli asset artistici sia sulla gestione della squadra, assicurandosi che tutti seguano la stessa direzione”.

Opportunità per gli art designer in Italia

Parlando delle prospettive per gli art designer in Italia, Pellino ha dato un messaggio chiaro. “Negli ultimi dieci anni ho lavorato a dieci videogiochi, ma nessuno è stato sviluppato in Italia. La verità è che la scena qui è molto limitata. Ho dovuto cercare opportunità all’estero, imparare l’inglese e definire il mio focus professionale. le aziende cercano specialisti, non generalisti”.

In questo panorama in evoluzione, la passione e la perseveranza rimangono le chiavi di accesso a una carriera soddisfacente nel mondo dei videogiochi.

Giuseppe Rossi è un appassionato storyteller e content curator con una solida esperienza in ambiti diversi, dalla cultura e lifestyle alla tecnologia e viaggi. Laureato in Lettere Moderne, ha collaborato con diversi siti web e community online, creando articoli chiari e coinvolgenti per un pubblico ampio. Curioso di natura, si tiene sempre aggiornato su tendenze e curiosità, trasformando ogni argomento in un piccolo spunto di riflessione. Nel tempo libero ama esplorare nuovi itinerari in bicicletta e sperimentare ricette regionali in cucina.