L’analisi di un incontro storico tra Occhetto e Gorbaciov
Il 30 novembre 1989 rimarrà per sempre inciso nella memoria di Achille Occhetto, un giorno che avrebbe dovuto segnare il suo “esilio” politico.Era l’epoca in cui stava per fissare un incontro cruciale con Mikhail Gorbaciov, in visita a Roma.In quel frangente,il segretario del Partito Comunista Italiano (pci) aveva già anticipato la sua proposta di trasformazione del partito,in risposta alla caduta del Muro di Berlino,un cambiamento che prevedeva un nuovo nome e un diverso simbolo. “Non posso negare di sentirti un certo timore riguardo alla reazione di Gorbaciov,” riflette Occhetto, consapevole che, sebbene fosse un innovatore, non fosse obbligato a supportarlo.
L’incontro e la rivelazione
Occhetto descrive il momento in cui Gorbaciov, con un sorriso caloroso, gli lancia un saluto beffardo: “Cosa mi hai combinato?” Un attimo di pura tensione si trasforma rapidamente in un dialogo riservato, durante il quale Gorbaciov gli confida: “Questa mattina, tre storici dirigenti del tuo partito volevano incontrarmi prima di te, ma ho rifiutato.” Non serve un indovino per comprendere che si trattava di figure contrarie alla Svolta.
le ombre del passato
Perché Occhetto non svelò mai i nomi di questi dirigenti? “Gorbaciov si dimostrò corretto,” spiega. Solo in seguito scoprì che si trattava di cossutta, Ingrao e Tortorella, leader di mozioni di opposizione. Ma ormai i tempi erano cambiati: la Russia Sovietica non poteva più decidere le sorti interne dei partiti di altri paesi. Gorbaciov, fin dal loro primo incontro, manifestò un atteggiamento insolito per un leader del Pcus, scegliendo di non intervenire nei conflitti interni del Pci, segno dei venti di cambiamento che aleggiavano in Europa.
Ricordi di un altro tempo
Il loro primo incontro risale all’inverno del 1987 a Mosca, mentre una fitta nevicata ricopriva il Cremlino. Occhetto,allora vice di alessandro Natta,aveva grandi speranze riguardo alle riforme di Gorbaciov. Prima di quell’incontro, però, dovette ascoltare un lungo discorso dei membri del Pcus, tra cui Ligaciov, un acerrimo oppositore di Gorbaciov, il quale sosteneva che tutto andasse bene. “Pensai che nulla fosse cambiato,” ricorda Occhetto.
L’eco della storia
In quel celebre incontro, Gorbaciov gli rivelò la gravità della situazione in Russia. “Le contraddizioni sono molte e il principale ostacolo è il partito stesso,” gli disse, usando terminologie che segnavano una vera e propria rivoluzione culturale. La sua visione portava a riflettere su un possibile superamento dello scontro tra comunismo e socialdemocrazia. “era chiaro che volesse intraprendere un dialogo più aperto,” conclude Occhetto, rinfrancato da quell’incontro.
L’eredità di Gorbaciov e la Svolta
L’ultimissimo incontro tra Occhetto e Gorbaciov avvenne a Roma, quel faccia a faccia tra l’ultimo segretario del Pcus e l’ultimo segretario del Pci, occasione che si rivelò cruciale per entrambi. “Il tentativo di Gorbaciov di riformare il sistema non andò a buon fine,” lamenta Occhetto, notando il collasso di un regime che aveva fallito nel tradurre in realtà ideali di libertà.A distanza di trentacinque anni, riflettendo sulla Svolta, Occhetto si chiede se quella trasformazione fosse ormai in ritardo. “Segnali di crisi dell’Urss erano evidenti già negli anni Settanta,” osserva. Berlinguer aveva già alimentato il dibattito sul cambio di nome del partito, segno di un’epoca che stava lentamente cambiando.
Riflessione finale
In un’epoca in cui le ideologie vengono messe in discussione e il mondo politico è in continua evoluzione, quanto sarebbe importante considerare l’eredità di quel dialogo tra Occhetto e Gorbaciov? In effetti, la storia dimostra quanto possa essere cruciale la volontà di cambiamento all’interno dei contesti politici, a prescindere dalla loro provenienza. La capacità di ascoltare, riflettere e trasformare può essere il vero motore per il progresso di ogni partito, in ogni paese.
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