La sfida dei referendum: la crisi della sinistra e il disimpegno dei sindacati
la consultazione referendaria di giugno appare sempre più come un’occasione mancata, destinata a scivolare verso un esito deludente. Alle porte c’è un clima di diffidenza quasi generale, e tra i protagonisti della scena politica emergono divisioni profonde e segnali di disimpegno. A spiccare in questa confusione è la recente decisione della segretaria della Cisl, Daniela Fumarola, che ha scelto di non sostenere i referendum promossi dalla Cgil.Una decisione che lascia scoperto un fronte già fragile, quello della sinistra e dei sindacati, in piena fuga verso l’“apatía” elettorale.
Il referendum che non convince: le ragioni di Daniela Fumarola
Fumarola non usa mezzi termini: il referendum non è lo strumento adatto per risolvere le questioni del lavoro oggi. La sua critica punta soprattutto sulla natura “retrograda” dei quesiti, che sembrano guardare più al passato che al presente e al futuro di un mercato del lavoro in costante trasformazione.
Le sue parole smascherano le contraddizioni di chi propone l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti nel contratto a tutele crescenti. Eliminare questa norma, precisa, non significa tornare all’articolo 18 e al diritto al reintegro, ma ricadere nella riforma Fornero, con un taglio degli indennizzi per licenziamento che passerebbe da 36 a 24 mensilità. Un’impostazione vecchia, poco adeguata alle nuove sfide che vedono il lavoro più flessibile ma al contempo più precario e meno tutelato nei salari.
La fuga dal voto e la polemica politica
Mentre la Cisl prende le distanze, nel Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte lascia libertà di scelta ai propri attivisti. Pur annunciando il proprio voto favorevole, sa che il terreno è insidioso e che la compattezza interna non è scontata. In questa situazione ai margini resta quasi esclusivamente Elly Schlein, che fa del sostegno ai referendum una battaglia politica per consolidare la propria leadership all’interno del Pd e sfidare l’ala riformista del partito. Per lei, il voto rappresenta anche un modo per correggere quella che definisce una norma “ingiusta”, in attesa di una legge compiuta sullo ius scholae e sui diritti dei lavoratori.
Le critiche si accendono anche contro la rai e il senatore Ignazio La Russa, accusati di sottovalutare l’importanza della campagna referendaria, con un tentativo di schierare il voto su un terreno quasi ideologico, evocando addirittura il rischio di svilire i principi costituzionali. Sono gesti disperati, forse, per dare vita a una mobilitazione che appare sempre meno credibile e vicina al fallimento.
Un referendum sull’orlo del flop: quali prospettive?
La sensazione dominante è che, a sinistra, si stia consumando una vera e propria fuga dal voto, con un quorum difficile da raggiungere e una partecipazione destinata a ridursi drasticamente. Il gruppo dirigente sembra più impegnato a litigare e a cercare alibi che a costruire un consenso sincero.Nel frattempo, rimane l’amara constatazione che il mondo del lavoro ha bisogno di risposte nuove, di tutele aggiornate a un contesto radicalmente mutato. E in questo disastro di rappresentanza politica e sindacale, a rimetterci, alla fine, sono proprio i lavoratori e i cittadini.
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