I palestinesi in Libia: il piano Trump che scuote l’Europa

I palestinesi in Libia: il piano Trump che scuote l’Europa

Il piano Usa per trasferire un milione di palestinesi da Gaza alla Libia: una bomba migratoria in arrivo

in questi giorni circola una notizia che fa tremare non solo le cancellerie europee, ma mette l’Italia davanti a un rischio migratorio senza precedenti. Stando a fonti emerse da alcuni media americani, l’amministrazione Trump starebbe elaborando un piano per trasferire oltre un milione di palestinesi dalla Striscia di Gaza alla Libia. Un’idea che,se confermata,aprirebbe uno scenario inquietante di esodo e instabilità per tutto il Mediterraneo.

La Libia, infatti, sarebbe in trattativa con gli Stati Uniti per accogliere questa massa di persone in fuga, in un’operazione che fonti governative americane hanno definito come primo passo del cosiddetto “piano Gaza Riviera”. L’obiettivo, a ben vedere, non è solo la ricollocazione, ma la trasformazione della striscia in un’area di investimenti commerciali e turistici, sulla falsa riga di città come Dubai o Sharm el Sheikh. Un progetto ambizioso, certo, ma che solleva enormi dubbi pratici e umanitari.

Il rischio di un’emergenza umanitaria e la minaccia per l’Italia

Portare via un milione di persone da Gaza è un’operazione colossale, fatta di mille incognite: economiche, sociali e soprattutto umanitarie. Perlopiù, la Libia non si presenta come un luogo sicuro o accogliente. Negli ultimi anni, il Paese africano è diventato tristemente noto per le violenze e le illegalità subite dai migranti: detenzioni arbitraria, tortura e tratta di esseri umani sono all’ordine del giorno. Gli scontri tra milizie, come testimoniato dai recenti tumulti dopo l’uccisione di Abdulghani al-Kikli, continuano a destabilizzare il paese, rendendo ancora più fragile la situazione.

In questo contesto, ampliare la popolazione migrante in Libia significa purtroppo alimentare il mercato criminale legato alla diaspora e intensificare i flussi verso l’Europa, con l’Italia in prima linea. L’incubo per il nostro Paese è un nuovo fenomeno migratorio della stessa portata e impatto di quello del 2015, quando tramite la Turchia giunsero un milione di persone verso i confini occidentali. La capacità della Guardia costiera libica, da tempo supportata dall’Italia, potrebbe essere messa a dura prova da questi numeri, non riuscendo a contenere un’ondata così massiccia di nuovi arrivi.

Chi pagherà il prezzo e chi finanzierà il trasferimento?

Oltre alle preoccupazioni pratiche, si apre un quesito cruciale: come farà Washington a sostenere gli enormi costi di un’operazione simile? Secondo le fonti citate, gli Stati Uniti starebbero valutando lo sblocco di fondi libici congelati da anni, per versare a ciascun palestinese un minimo vitale e garantire un alloggio nel Paese di destinazione. Tuttavia,non mancano le smentite ufficiali,che bollano il piano come «privo di senso»,anche se il dubbio che questa non sia che la prima mossa di una strategia più ampia resta.

Anche il passato recente conferma la fragilità e la complessità della situazione: appena dieci giorni fa un ordine giudiziario aveva bloccato la deportazione verso la Libia di migliaia di migranti trattenuti negli stati Uniti, evidenziando le riserve legali e morali sul tema.

Un bivio per il Mediterraneo: il futuro dei palestinesi e il ruolo dell’Europa

Dietro queste trattative emergono questioni di diritto internazionale e responsabilità umanitaria che non possono essere ignorate. Trasferire forzatamente o spingere alla migrazione una popolazione intera in uno scenario come quello libico rischia di trasformarsi in una tragedia annunciata, un’aggravante del dramma umanitario che coinvolge la Striscia di Gaza da troppi anni.

Davanti a questa prospettiva, la domanda che sorge spontanea è quali saranno le reazioni delle istituzioni europee e italiane. Si attende una strategia credibile, che non si limiti a reprimere o bloccare flussi ma sappia affrontare con realismo e sensibilità il nodo palestinese.perché sul tavolo non c’è solo un problema politico o economico, ma vite umane che meritano rispetto e protezione, senza disperdere le responsabilità in giochi geopolitici pericolosi.