Democrazia liberale, crisi del futuro e la sfida del tempo frammentato
In un’epoca segnata da un individualismo esasperato e da un forte narcisismo collettivo, il tempo sembra diluirsi in pezzi slegati, con il presente che consuma senza pietà passato e futuro. Questo dissolversi delle coordinate temporali influisce profondamente sulla percezione della libertà e sulla tenuta della democrazia liberale.
Perché scegliere la democrazia liberale rispetto all’autoritarismo?
In un contesto globale dove le democrazie sembrano arretrare e i regimi autoritari estendere la propria influenza, interrogarsi sul motivo per cui un popolo dovrebbe preferire la libertà resta più che mai cruciale. Già all’inizio dell’Ottocento, Vincenzo Cuoco osservava che la libertà, per la maggioranza, non va desiderata come valore assoluto ma come mezzo per raggiungere beni concreti: sicurezza, prosperità, giustizia fiscale e sviluppo economico. La libertà, quindi, è amata perché porta con sé vantaggi tangibili.
Questa impostazione utilitaristica ha dominato il discorso delle democrazie liberali per oltre due secoli. Giovanni giolitti, alla fine dell’Ottocento, ribadiva che libertà e uguaglianza non fossero fini, ma strumenti per un progresso collettivo che combinasse benessere economico e crescita morale. Ancora nel secondo dopoguerra, l’Internazionale liberale affermava che la libertà favorisse valori come responsabilità individuale e iniziativa, essenziali per il progresso politico ed economico.
il nodo irrisolto dell’utilitarismo democratico
Ma cosa accade quando la libertà non genera il progresso promesso? Quando le aspettative di un futuro migliore svaniscono e cresce la paura di un domani più incerto? È il dilemma profondo delle società liberali odierne, che vedono il proprio modello mettere a rischio la propria stessa legittimità.
In tutto ciò si colloca la crisi del ceto medio, materialmente e spiritualmente, segnalata nel recente rapporto Censis.Un tempo protagonista della crescita economica e sociale,con la promessa di un futuro più stabile,oggi questa classe sociale affronta un’incertezza che mina le fondamenta della fiducia nella democrazia liberale.
Afuturalgia: l’angoscia del futuro negato
il filosofo belga Pascal Chabot ha coniato il termine «afuturalgia» per descrivere la sofferenza generata dalla perdita della speranza in un futuro migliore. Le cause sono molteplici: da una parte la tecnologia, una volta vista come volano di progresso, ora appare talvolta minacciosa; dall’altra l’economia stagnante o in declino compromette le aspettative di crescita.
Ma vi è un elemento meno tangibile eppure cruciale. L’idea di progresso ha finora legato passato, presente e futuro in un racconto coerente, basato sull’idea che il domani possa essere migliore di oggi, così come oggi aveva superato ieri. In una società iper-individualista, questo legame si è spezzato. Il passato diviene un’era di oppressione da condannare senza appello, mentre il futuro sfugge al controllo di qualsiasi previsione collettiva, diventando un’incognita generata dall’azione libera e disgregata di individui senza punti di riferimento comuni.
Il paradosso è evidente: la massima libertà individuale ha indebolito proprio quell’idea di progresso che ne giustificava e sosteneva l’esistenza per decenni. L’afuturalgia diventa così un veleno silenzioso che corrode la democrazia liberale dall’interno.
Le sfide ideologiche della sinistra e l’ascesa della nuova destra
Non sorprende, quindi, che la sinistra, tradizionalmente portatrice di un progetto di progresso, attraversi una crisi profonda. La capacità di mobilitare le masse attorno a una visione di futuro comune sembra oggi smarrita.In un mondo segnato dall’afuturalgia, quella bandiera perde il suo potere unificante.
Simultaneamente, la nuova destra emerge come risposta a un’esigenza altrettanto stringente: ritessere il tempo, riconnettere passato, presente e futuro. Proporre una narrazione che renda il domani di nuovo comprensibile e governabile, almeno in parte, anche attraverso la politica.
Questo movimento rappresenta, al tempo stesso, una sfida per la democrazia liberale ma anche – paradossalmente – un possibile punto di svolta. Riscoprire un senso condiviso del tempo e del futuro potrebbe essere l’unica via per rilanciare un modello politico che fatica a giustificare se stesso senza la promessa di un domani migliore.
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