Rinviati a giudizio Casarini e soci per favoreggiamento dell’immigrazione illegale con profitto
A Ragusa scatta il rinvio a giudizio per Luca Casarini e i suoi collaboratori con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dal profitto. L’udienza preliminare è fissata per il 21 ottobre, ma non è escluso che la Corte di giustizia europea possa intervenire a salvaguardia di quella che viene definita la “banda umanitaria”. Al centro della controversia, una questione giuridica delicata: l’ampliamento della cosiddetta “scriminante di solidarietà”.
Questo principio legale, ancora da definire nella sua portata definitiva, potrebbe trasformare in non punibili alcune condotte di favoreggiamento se riconducibili ad attività di soccorso, o presunte tali.L’ipotesi sta dividendo profondamente magistratura e opinione pubblica, mentre una nutrita schiera di sostenitori dell’accoglienza invoca una lettura più compassionevole delle norme.
Casarini, sin dall’inizio, insiste nel ripetere che la sua azione si è limitata al salvataggio dei migranti provenienti da una petroliera della Maersk posizionata al largo di Malta, traghettandoli in Italia. Tuttavia, il nodo nero della vicenda è rappresentato dai 125mila euro incassati dalla Ong dalla compagnia armatrice danese, somma che la Procura ritiene il “profitto” illecito derivato dall’immigrazione irregolare. Mentre i difensori parlano di una semplice donazione destinata a coprire le spese per la difesa legale, il caso assume contorni più complessi.
Dalla militanza No Global all’attivismo umanitario
Luca Casarini non è certo un volto nuovo nel panorama delle proteste italiane.Ex attivista No global con precedenti per manifestazioni e blocchi stradali, la sua fama risale al G8 di Genova, quando si schierò apertamente contro i potenti della Terra proclamando una sorta di “guerra” politica. Pur cambiati i tempi, il suo stile critico e combattivo resta immutato.
Alla notizia del rinvio a giudizio,Casarini ha risposto con la stessa grinta,denunciando un “processo all’omissione di soccorso” e puntando il dito contro le autorità: «ministri e istituzioni dovranno spiegare perché 27 persone sono state abbandonate per oltre un mese in mare aperto». Una tattica retorica che sposta la responsabilità dai soccorritori agli enti governativi,un copione già visto in molte controversie legate all’immigrazione.
Tra solidarietà e legalità: un confronto che infiamma il dibattito
Dietro le parole di Casarini si nasconde però un tema più ampio e spinoso: fino a che punto è lecito spingersi in nome della solidarietà senza infrangere la legge? Per anni, l’idea che un “diritto umano superiore” giustifichi l’aggiramento delle regole ha animato gli scontri intorno alla politica migratoria italiana ed europea.
Negli ultimi anni,la relazione tra queste Ong e le autorità si è fatta più complicata,nonostante il sostegno pubblico di personaggi influenti come Papa Francesco,che ha accolto Casarini come simbolo di umanità intransigente. Tuttavia, imbarcazioni come la Mare Jonio, spesso impiegate da queste organizzazioni, sono state criticate per la non idoneità nella gestione dei soccorsi, con conseguenti sequestri e sospensioni da parte della Guardia costiera.
Il futuro del processo: tra interrogativi e attese
Ora, con un nuovo pontefice dal profilo più attento e meno incline a facili difese, il destino di Casarini e del gruppo si fa incerto.Se il procedimento giudiziario dovesse proseguire, si aprirebbe una fase in cui si metterà veramente alla prova l’intento umanitario dietro alle somme percepite e al modo con cui è stato gestito il trasporto dei migranti.
Al di là degli schieramenti, la vicenda solleva dubbi profondi sulle dinamiche del soccorso in mare e sui limiti del volontariato politico, facendo sorgere domande scomode: come può conciliare lo Stato la necessità di sicurezza con quella di assistenza? E in che modo si può evitare che l’impegno umanitario diventi terreno di scontro politico e giudiziario?
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