Presunzione d’innocenza e controversie: il caso Becciu e la figura di Francesca Chaouqui
Le accuse e i dettagli del processo sui fondi della Santa Sede
Nel dibattito legato ai fondi della Santa Sede, spiccano alcune vicende che coinvolgono monsignor Angelo Becciu e Francesca Immacolata chaouqui. Contrariamente a quanto spesso riportato, la sentenza di condanna a cinque anni e sei mesi per peculato di Becciu non contempla somme di denaro sottratte personalmente da lui.
al contrario, le contestazioni riguardano una presunta somma che la chaouqui avrebbe ricevuto, con l’accusa di aver cercato di influenzare il processo relativo all’acquisto del palazzo londinese di Sloane Square. Un’inchiesta dalla quale Becciu risulta del tutto estraneo secondo quanto riportato in sentenza.
Condizionamenti e lettere ambigue
Le modalità di questa presunta manipolazione passano attraverso l’accusa di aver indotto testimoni a testimoniare contro Becciu.Il prelato, messo in crisi da queste dinamiche, ha preferito ritirarsi dal Conclave, una scelta silenziosa che ha suscitato riflessioni sulla dignità cardinalizia, rimasta intatta sotto il profilo del diritto canonico.
Due lettere con firma «F» emergono come elementi chiave: una datata marzo 2025, redatta in lingua spagnola, un dettaglio che ha suscitato dubbi tra alcuni cardinali sull’autenticità del documento.
Presunzione d’innocenza e il caso Chaouqui
La presunzione d’innocenza resta un principio centrale per entrambi gli imputati. Chaouqui è chiamata a fornire spiegazioni davanti al Promotore di Giustizia Alessandro Diddi riguardo a conversazioni estrapolate da chat desecretate, tra cui frasi come “se scoprono che ci siamo messi d’accordo salta il processo”.
Inoltre, deve rispondere all’accusa di aver manipolato Alberto Perlasca, ex collaboratore di Becciu e oggi collega di Diddi alla Sacra Rota, in un tentativo di salvaguardare l’immagine della Segreteria di Stato e le sue finanze compromesse.
Le dinamiche interne e le pressioni esterne
L’iter processuale si è rivelato complesso e mutevole, con quattro revisioni delle modalità e dei contenuti del processo, gettando un’ombra sulla trasparenza invocata da Papa Francesco. Spesso la vicenda ha avuto una forte eco mediatica, con anticipazioni e approfondimenti che, al contrario di una virtuosa pulizia, hanno alimentato sospetti e confusione.
Un «sconcertante piano di inquinamento che ha condizionato l’indagine prima e il processo poi» è stato denunciato dai legali del cardinale Becciu.
Nel mezzo, figure come il presidente Giuseppe Pignatone e l’ufficiale della Guardia di Finanza Pasquale Striano risultano coinvolte in un contesto non del tutto chiarito, complicando ulteriormente il quadro giudiziario. Anche la stessa Chaouqui, pur condannata per Vatileaks, continua a esercitare una certa influenza, tanto da essere definita protagonista di quello che è stato chiamato “il processo del secolo”.
una Chiesa al bivio tra trasparenza e sospetti
Dietro questa intricata vicenda si cela un’eredità pesante e ingombrante, fatta di bugie e sospetti. Il pontificato di Papa Leone XIV eredita così un dossier complesso, che richiede un equilibrio delicato tra giustizia, misericordia e chiarezza.
Resta da capire come la Santa Sede affronterà queste ombre e se riuscirà a trasformarle in un’opportunità di rigenerazione e rigore morale, elementi troppo spesso evocati ma poco realizzati nel corso della storia recente.
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