Cenere Zero: il racconto intenso di Fabio Salvatore tra dolore e rinascita
Fabio Salvatore,regista,scrittore e autore televisivo nonché fondatore del Magna Grecia Awards,torna in libreria con un’opera che si fa testimonianza vibrante di sofferenza e resistenza. Cenere Zero si rivolge a chi ha attraversato l’inferno del dolore silenzioso, a chi si è alzato ogni mattina senza certezze, ma con la determinazione a combattere.
In questo racconto, Salvatore affronta il peso della fibromialgia, definita come un tarlo che corrode il corpo, e la lacerazione struggente della depressione, personificata dall’autore nel “Cristallo”: una presenza invisibile, gelida, perfetta nella sua immobilità, che attende soltanto di invadere di nuovo l’anima, sussurrando parole di abbandono e resa.
Una voce senza filtri sul dolore
L’opera si muove tra grinta urbana e lyricism pop e rap, mescolando rabbia, fede e una spinta vitale a non arrendersi. Dopo aver raccontato la malattia senza veli né pietismi in volumi come Cancro, non mi fai paura e A braccia aperte fra le nuvole, Salvatore si conferma una figura impegnata nel sociale con spot e campagne a favore della giustizia, dei diritti LGBTQ+ e dell’antimafia. La sua scrittura rimane sempre autentica, una battaglia dolce e ferma contro l’opacità del dolore.
Un frammento emozionante dal libro
“Non c’è alcun maledetto tunnel di luce. solo il volante che scivola via dalle mani. Solo un respiro che si spezza in gola. Solo il panico che urla nelle mie orecchie: ‘Questa volta non ne usciresti’.”
La strada assume le sembianze di un fiume d’asfalto oscuro, un serpente che si contorce nel buio. I fari delle altre auto si moltiplicano e si deformano, mentre il parabrezza sporco sembra filtrare una realtà distorta. Ecco il cuore, impazzito, battere forte tra il petto e le mani aggrappate al volante: il battito del tamburo della fine.
All’improvviso, l’onda che destabilizza tutto: un attacco di panico.Il sudore freddo scende in una schiena tesa, la respirazione sparisce e l’aria diventa veleno. Il respiro si spezza, diventa lama, la gola si chiude. Solo la consapevolezza di guardare un volto spento nel riflesso del vetro, quello di un uomo che si sta spegnendo.
Mi vedo fuori dalla macchina, fermo, immobile. Mi osservo morire, mentre il mio doppio sorride, vuoto come una crepa nella pelle. Il panico mi strappa via, fagocitandomi. Il mondo si inclina, la macchina perde il controllo, e ancora lui, quel sorriso inquietante, attende che io ceda.
Un clacson squarcia il silenzio, un’auto mi sfiora: la macchina riprende ad avanzare. Ritorno dentro me stesso con uno scatto brusco, ma la paura persiste, forte, incessante, dentro il battito accelerato e il sudore gelido sulla pelle. Rimango intrappolato in un silenzio carico di terrore e nostalgia.
il ticchettio dei tergicristalli scandisce l’attimo. Sono qui, nel buio, con il mondo intorno. Eppure, vivo o sopravvissuto, quella domanda continua a tormentarmi: perché, se sono ancora vivo, mi sento già sepolto?”
Una narrazione che cerca e offre speranza
L’esperienza narrata da salvatore è un viaggio tra ombre dense e luce flebile, uno scontro intenso con la malattia e la disperazione che non cede al fatalismo. il testo esprime la lotta quotidiana di chi convive con ferite invisibili, ricordandoci che spesso il vero coraggio risiede proprio nello scegliere di restare, nonostante tutto, e tentare di ricominciare.
La scrittura di Fabio Salvatore si distingue per la capacità di trasformare un dolore personale in un racconto che vibra di umanità e realtà, di silenzi spezzati da una narrazione potente e sincera. Un testo che non cerca pietismi,ma una voce autentica capace di farsi sentire e riconoscere.
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