L’opposizione italiana avverte una crisi democratica per l’astensionismo

L’opposizione italiana avverte una crisi democratica per l’astensionismo

Referendum in Italia: il boicottaggio e il futuro incerto delle riforme

I partiti di opposizione italiani hanno puntato il dito contro quella che definiscono una campagna di astensione organizzata da parte del governo, dopo il fallimento di cinque referendum, tra cui quello molto atteso sulla cittadinanza, a causa di un’affluenza troppo bassa.

Il referendum sulla cittadinanza, insieme ad altri quattro dedicati ai diritti dei lavoratori, svoltisi tra il 8 e il 9 giugno, ha coinvolto poco più del 30% degli elettori. Un dato lontanissimo dalla soglia del 50% richiesta per la validità delle consultazioni popolari.

Maurizio Landini, leader della CGIL, sindacato promotore dei referendum, ha definito l’affluenza scarsa come una manifestazione di una profonda crisi democratica nel Paese.

Il governo di destra esulta e invita all’astensione

Il risultato,invece,è stato accolto come una vittoria netta dalla coalizione di governo di destra,decisamente contraria alle riforme proposte e promotrice di un invito aperto ai propri sostenitori a non partecipare al voto.

il partito Fratelli d’Italia, guidato dalla premier Giorgia Meloni, ha subito pubblicato un post su Facebook con la scritta “AVETE PERSO”, sovrapposta alle immagini dei leader dell’opposizione che appoggiavano le riforme.

La stessa Meloni aveva annunciato di recarsi al seggio, ma senza esprimere alcuna preferenza, sostenendo che l’astensione è un diritto che spetta a tutti. Ha aggiunto che la sua contrarietà ai temi dei referendum legittima anche la decisione di non votare,una prassi che,ha ricordato,ha radici profonde nella storia del Paese.

Una partecipazione storicamente debole

Un’affluenza così bassa non sorprende chi conosce il trend nazionale: la partecipazione ai referendum va calando ormai da decenni. Su 77 referendum svolti negli ultimi 50 anni, meno della metà ha superato il quorum necessario e, negli ultimi 30 anni, solo quattro hanno raggiunto tale soglia.

Rimane però difficile quantificare l’influenza precisa della campagna governativa di astensione su questo risultato.

Le voci della politica e le criticità emerse

Riccardo Magi, leader del partito centrista +Europa, ha denunciato che “l’astensionismo organizzato, rafforzato da quello spontaneo e dalla scarsa informazione, ha avuto la meglio”.

Lorenzo Pregliasco, direttore dell’agenzia demoscopica Youtrend, ha parlato di un referendum ormai diventato un “strumento in crisi“. Questo perché,oltre alla strategia di boicottaggio,la campagna elettorale è stata fortemente politicizzata,escludendo buona parte degli elettori non schierati a sinistra. La mancata inclusività avrebbe allontanato proprio quel segmento di elettori meno ideologizzati, che avrebbe potuto fare la differenza nel risultato finale.

in Italia, spesso il sostegno a un referendum viene legato alla fedeltà politica verso un partito, una tattica rischiosa, come noto già dal caso del referendum costituzionale del 2016, quando Matteo Renzi legò la propria leadership all’esito del voto, perdendo poi la carica di presidente del Consiglio.

“L’unico vero obiettivo di questo referendum era abbattere il governo Meloni. Alla fine, però, siete stati voi italiani a farlo,” si leggeva nella didascalia del post di fratelli d’Italia.

Dall’altra parte, Elly Schlein, leader del Partito Democratico, ha tentato di interpretare i risultati come un successo per l’opposizione, sottolineando come il numero di votanti ai referendum superi quello degli elettori che hanno portato Meloni al governo.

Schlein ha lanciato una stoccata: “La politica che celebra l’astensione finisce per danneggiare solo se stessa”.

Le prospettive di riforma sulle regole referendarie

Il risultato ha rilanciato il dibattito sulla necessità di rivedere la normativa referendaria,con richieste giunte da entrambe le aree politiche.

Il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani ha suggerito un cambiamento della legge, forse aumentando il numero di firme richieste per indire un referendum. Ha citato anche lo spreco di risorse dovuto all’invio, non utilizzato, di milioni di schede agli italiani all’estero.

attualmente, la legge prevede che una petizione con almeno 500.000 firme imponga l’indizione di un voto popolare,meccanismo che ha portato al referendum sulla cittadinanza.

Altri, invece, propongono che non si modifichi il numero di firme necessarie per indire il referendum, ma si abbassi o addirittura elimini il quorum di partecipazione richiesto per rendere valido il voto.

Il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, ha evidenziato con pragmatismo che negli ultimi anni nessun referendum è riuscito a raggiungere la soglia minima di votanti, e che per questo sarebbe opportuno adottare un approccio differente, che includa la riduzione del quorum, oggi quasi irraggiungibile.

Giuseppe Rossi è un appassionato storyteller e content curator con una solida esperienza in ambiti diversi, dalla cultura e lifestyle alla tecnologia e viaggi. Laureato in Lettere Moderne, ha collaborato con diversi siti web e community online, creando articoli chiari e coinvolgenti per un pubblico ampio. Curioso di natura, si tiene sempre aggiornato su tendenze e curiosità, trasformando ogni argomento in un piccolo spunto di riflessione. Nel tempo libero ama esplorare nuovi itinerari in bicicletta e sperimentare ricette regionali in cucina.