Come l’Italia ha riconosciuto la genitorialità omogenitoriale sotto un governo conservatore

Come l’Italia ha riconosciuto la genitorialità omogenitoriale sotto un governo conservatore

In Italia un bambino può avere due madri: una svolta della Corte Costituzionale apre nuovi orizzonti

Nonostante un governo orientato su valori conservatori, l’Italia ha visto un cambiamento storico grazie a una sentenza della Corte Costituzionale: ora un bambino può avere legalmente due madri. Questo traguardo, lontano da una semplice riforma legislativa, ha scatenato un acceso dibattito etico e antropologico nel Paese.

La storia di Glenda e Isabella: due madri, una battaglia legale

Glenda Giovannardi e Isabella Passaglia, entrambe avvocate e unite civilmente, vivono a Lucca, una città ricca di storia nel cuore della Toscana. La loro determinazione nel rivendicare pieni diritti genitoriali le ha portate a scrivere una pagina nuova nella giurisprudenza italiana.

Desiderose di diventare madri, hanno scelto la fecondazione assistita a Barcellona. Oggi,condividono la responsabilità genitoriale di una bimba di quattro anni e di un bimbo di tre.La loro lotta per il riconoscimento legale come genitori di entrambi i figli si è conclusa con una sentenza che potrebbe rivoluzionare le norme sulle famiglie nel nostro Paese.

La sentenza storica della Corte Costituzionale

Il 22 maggio la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune regole previste dalla legge sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). In particolare, è stata abolita la norma che impediva a una donna di riconoscere legalmente i figli nati dalla sua partner dello stesso sesso.

Da oggi, quindi, è possibile che un bambino abbia due madri riconosciute dalla legge. Entrambe rispondono legalmente nei rapporti con la scuola, il sistema sanitario e in ogni ambito dove è necessario garantire la tutela materna. Inoltre, entrambi i genitori sono obbligati a fornire assistenza e possono esercitare diritti successori.

Riconoscimento della madre intenzionale

Prima della sentenza, la “madre intenzionale” – cioè colei che non ha dato materialmente alla luce il figlio – non veniva riconosciuta legalmente nei casi in cui la fecondazione fosse avvenuta all’estero in coppie femminili. Questa decisione innovativa ha finalmente colmato quella lacuna, facendo emergere nuovi interrogativi etici e morali nel Paese.

Perché molte coppie italiane scelgono l’estero per la PMA

La legge italiana 40/2004 restringe l’accesso alla procreazione assistita esclusivamente alle coppie eterosessuali. Di conseguenza, numerose coppie dello stesso sesso si rivolgono a Paesi come la Spagna per poter formare una famiglia.

È il caso di Giovannardi e Passaglia, che hanno ottenuto la genitorialità all’estero, tornando in Italia con lo status di madri di una bimba. Tuttavia, con un decreto del Ministero dell’Interno del 2023, è stato bloccato il riconoscimento automatico della “madre intenzionale” nei registri comunali. Questo ha creato paradossi: la loro figlia maggiore ha entrambi i genitori riconosciuti, mentre il figlio minore solo la madre biologica.

La battaglia legale e i principi costituzionali alla base della sentenza

Dopo un primo ricorso in tribunale a lucca, la questione è arrivata fino alla Corte Costituzionale, che ha motivato la pronuncia con il rispetto di alcune norme fondamentali della Costituzione:

  • Il diritto del bambino a un’identità personale e a una condizione giuridica stabile sin dalla nascita.
  • Il principio di parità tra figli nati da coppie eterosessuali e omosessuali che ricorrono alla PMA.
  • La tutela dei diritti del minore, garantendo che entrambi i genitori si assumano responsabilità educative, assistenziali e morali.

La sentenza cita inoltre la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ritenuto essenziale nella decisione.

Un nuovo paradigma della genitorialità

La Corte supera la tradizionale visione biologica, valorizzando il legame intenzionale e sociale. Viene ribadito che ogni bambino ha diritto a due genitori, indipendentemente dal ruolo del donatore maschile, escluso da obblighi e doveri legali.

La relazione tra madre intenzionale e figlio viene considerata “ab origine”, cioè fondata nel momento stesso del progetto di vita condiviso dalla coppia.

Un clima politico e sociale controverso

La decisione arriva in uno scenario segnato da un governo di destra guidato da Giorgia Meloni, nota per la difesa della famiglia tradizionale. L’esecutivo ha sottolineato come il legame biologico sia necessario per tutelare il diritto del bambino a conoscere le proprie origini genetiche, citando l’Articolo 7 della Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo.

«La decisione ignora l’importanza della figura paterna – ha dichiarato il Ministro per la Famiglia Eugenia Roccella – cancellare un padre o una madre per scelta rappresenta un cambiamento antropologico che non tutela i diritti del bambino ma li compromette».

Dall’altra parte, la sentenza è stata celebrata dalle associazioni LGBTQ+ come un passo avanti verso il riconoscimento di ruoli genitoriali definiti socialmente e non solo biologicamente.

Il confronto si allarga alle dinamiche familiari contemporanee, dove spesso i legami affettivi superano quelli di sangue. Ma non mancano critiche, come quella della Commissione Etica dell’alleanza Evangelica Italiana, che difende la famiglia tradizionale come pilastro della società fondato sulla complementarietà tra uomo e donna.

Verso un nuovo riconoscimento della famiglia

Questa sentenza potrebbe segnare l’inizio di una ridefinizione profonda del concetto di genitorialità in Italia, offrendo nuove tutele e riconoscimenti a forme familiari finora marginali.

Resta da vedere come evolverà il dibattito, ma un dato è certo: la realtà delle famiglie italiane cambia e la legge, a volte, è chiamata a inseguire questi mutamenti.