Declino della rivoluzione Maga e incertezza nei mercati
L’entusiasmo che in passato alimentava la cosiddetta rivoluzione Maga si è notevolmente affievolito a causa di una serie di fattori negativi. Sanzioni da Paesi contrapposti, una crescente sfiducia nei mercati finanziari e il timore di una recessione, persino riconosciuto da importanti figure politiche, stanno ritardando l’avvento di quella che si prospettava un’epoca di prosperità.
Prestazioni negative di Wall Street e delle borse internazionali
La giornata di ieri ha visto Wall Street subire perdite marcate: il Dow Jones ha registrato un ribasso del 2,08%, l’S&P 500 è sceso del 2,69% e il Nasdaq ha perso il 4%. Queste flessioni, le più forti degli ultimi due anni, hanno interessato anche le principali borse mondiali: l’indice di Milano (Ftse mib) ha ceduto lo 0,95%, Londra ha registrato una flessione superiore allo 0,92%, mentre Germania e Francia hanno segnato decrementi rispettivamente dell’1,8% e dello 0,9%.
Tensioni commerciali e ripercussioni dei dazi doganali
Le recenti oscillazioni dei mercati sono state in gran parte alimentate da tensioni commerciali e dall’introduzione di nuovi dazi. La pressione costante di minacce a ulteriori oneri tariffari, unita all’entrata in vigore dei dazi imposti dalla Cina, ha accentuato un clima di incertezza. La maggior parte dei prodotti agricoli statunitensi è ora gravata da tariffe del 15%, mentre altri beni – come sorgo, soia, certe tipologie di carne, frutta, verdura, latticini e pesce – sono soggetti a un’imposizione del 10%.
Va sottolineato che la Cina rappresenta un mercato strategico per le esportazioni agricole degli Stati Uniti: circa il 20% della produzione americana è destinato a questo paese. Inoltre, il comparto agricolo e alimentare, stimato intorno a 1.500 miliardi di dollari,incide per quasi il 6% sul PIL degli USA. In risposta alle nuove misure,Pechino ha dichiarato di essere pronta a resistere nel lungo termine,evidenziando come le guerre tariffarie finiscano per danneggiare ogni parte coinvolta.
Riconsiderazione delle prospettive economiche e strategie politiche
Gli analisti hanno recentemente rivisto le prospettive per la crescita economica statunitense. Dopo appena un mese di politiche aggressive, le previsioni sono state ridotte, passando da un 2,4% atteso ad un 1,7%. Il principale motivo di tale ricalibrazione è rappresentato dall’escalation della guerra dei dazi, che ha soppiantato altri indicatori positivi osservabili durante un periodo segnato da bassi tassi di disoccupazione e da un’inflazione sotto controllo grazie agli interventi della federal Reserve.
Con il ritorno a Washington, le promesse elettorali si sono trasformate in una serie di misure che hanno ulteriormente alimentato l’instabilità nei mercati. Dichiarazioni volte a rafforzare il paese hanno confermato l’intenzione di portare avanti una strategia improntata sulle tariffe e sui contrasti commerciali, mettendo in secondo piano il benessere immediato degli investitori.
Innovazioni tecnologiche e il divario tra mercato e performance aziendale
Durante il pomeriggio, il settore tecnologico ha subito ulteriori pressioni. I giganti del settore, veri motori di crescita negli ultimi anni, hanno registrato flessioni significative: Tesla ha perso oltre il 15% del proprio valore, segnando il peggior risultato dal 2020, mentre aziende come Alphabet, Meta e Nvidia hanno visto decrementi attorno al 5%. Anche Palantir, specializzata in analisi dei dati, ha subito una diminuzione superiore al 10%.
Un responsabile ha evidenziato come, nonostante le oscillazioni del mercato azionario, i trend di lungo termine relativi alle performance aziendali rimangano l’indicatore più affidabile per valutare la salute dell’economia.
Rischi di finanziamento governativo e pericolo di interruzione operativa
Oltre alle tensioni di mercato, un ulteriore motivo di preoccupazione riguarda il potenziale blocco delle operazioni del governo federale, dovuto a una carenza di fondi. In prossimità della scadenza fissata per il prossimo venerdì, i rappresentanti repubblicani stanno negoziando con forze bipartisan un’estensione dei finanziamenti per sei mesi. Mentre la Camera dei Deputati potrebbe approvare la misura con una maggioranza semplice, il Senato richiede 60 voti, complicando l’approvazione in un clima di dissenso, specialmente a fronte di controversie su aumenti delle spese militari e tagli in altri settori.
La difficoltà di trovare compromessi tra le varie fazioni del Congresso evidenzia la complessità del panorama politico attuale, dove le dinamiche economiche e di mercato si intrecciano strettamente con le decisioni politiche.
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