Approfondimenti sull’esplosione a Calenzano: negligenze nella sicurezza e imputazioni aziendali
il tragico evento occorso al deposito di Calenzano il 9 dicembre ha strappato la vita a cinque lavoratori, evidenziando una serie di lacune procedurali e gravi errori nella gestione della sicurezza. Attualmente, il registro degli indagati conta nove nominativi: sette appartenenti a una nota società energetica e due riferiti alla ditta appaltatrice responsabile dei lavori di rinnovamento dell’impianto.
Analisi dell’incidente e contesto operativo
Secondo le indagini, l’evento, ritenuto sia prevedibile che evitabile, avrebbe potuto essere sventato con una più accurata valutazione dei rischi e con il rigoroso rispetto delle normative di sicurezza per interventi delicati. I documenti raccolti hanno messo in luce un “errore inaccettabile” nella conduzione delle operazioni sul cantiere, evidenziando in particolare l’uso improprio di una piattaforma elevabile, la quale ha avuto un ruolo determinante come fattore scatenante dell’esplosione.
Imputazioni e responsabilità accertate
Le autorità hanno avanzato una serie di accuse che comprendono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni colpose. Inoltre, si indaga su un illecito amministrativo contestato alla società, accusata di aver continuato i lavori di manutenzione senza interrompere il rifornimento delle autobotti, decisione che ha generato un rischio sottovalutato e dimostrato una marcata carenza organizzativa.
- Soggetti indagati nella società energetica: figure del vertice operativo, responsabili dei depositi, tecnici specializzati e il responsabile dei servizi di prevenzione.
- Soggetti indagati nella ditta appaltatrice: il datore di lavoro dei dipendenti deceduti e il supervisore delle operazioni di cantiere.
manovre per compromettere le prove
Durante le indagini è emerso un allarmante tentativo di alterazione del materiale probatorio. Documenti critici, realizzati dopo il disastro, sarebbero stati inseriti in una cartella digitale condivisa tra la grande azienda e l’appaltatrice, in un evidente sforzo finalizzato a oscurare la verità e a confondere l’identificazione delle responsabilità.
Gli inquirenti evidenziano come l’esecuzione stessa delle operazioni di manutenzione non potesse avvenire in concomitanza con il rifornimento delle autocisterne. Studi tecnici hanno rilevato, infatti, che se le pompe fossero state chiuse nel periodo compreso tra le 9 e le 15, si sarebbe potuto evitare un danno economico stimato intorno a 255.000 euro.
Risposta aziendale e sviluppi futuri
La società coinvolta ha dichiarato il proprio impegno a collaborare in maniera trasparente con le autorità per far luce sulle dinamiche che hanno portato al calamitoso episodio.L’azienda ha inoltre confermato la volontà di offrire un giusto risarcimento alle famiglie delle vittime, mentre le indagini proseguono con ulteriori perizie per accertare le responsabilità, includendo anche il coinvolgimento dei vertici aziendali secondo le disposizioni della normativa vigente.
Questo drammatico incidente ha riacceso il dibattito sulla gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro, rafforzando l’esigenza di adottare sistemi di monitoraggio dei rischi sempre più sofisticati ed aggiornati, soprattutto in contesti industriali caratterizzati da elevata complessità operativa.
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