La rivoluzione della stampa 3D all’interno del corpo umano
Il nostro corpo è una macchina complessa, ma inevitabilmente fragile. Nel tempo, quel meccanismo perfetto di rigenerazione che ci accompagna dalla nascita comincia a perdere colpi: la cartilagine delle ginocchia si consuma, le anche non sostengono più come un tempo. Senza contare le necessità imposte da malattie gravi, dove intervenire chirurgicamente è spesso inevitabile.Di fronte a queste sfide, l’unica via rimasta per ripristinare tessuti danneggiati era affidarsi a impianti universali o personalizzati, creati con il 3D bioprinting tradizionale, ma sempre realizzati fuori dal corpo e poi inseriti con un intervento invasivo.
Un processo delicato,che aumenta i rischi di infezioni,allunga i tempi di recupero e non elimina il trauma chirurgico.
Una svolta da laboratorio: stampare tessuti dentro di noi, senza bisturi
Gli scienziati del California Institute of Technology hanno portato la stampa 3D a un livello completamente nuovo, capace di superare i limiti finora imposti dalla chirurgia. Hanno presentato un sistema di stampa tessutale “in vivo”, una tecnica in grado di generare direttamente nel corpo umano nuovi tessuti senza l’ausilio del bisturi.
Il principio si chiama DISP (Deep In Vivo Sonothrombotic Printing): un bioinchiostro liquido a temperatura corporea, che si solidifica solo quando sottoposto a un preciso fascio ultrasonico. A rendere possibile il controllo sono molecole tracciante che permettono di osservare in tempo reale come si forma il tessuto, mentre eventuali eccessi di materiale si degradano senza danni nel corpo.
Esperimenti concreti con animali
I ricercatori sono riusciti a stampare tessuti all’interno della pancia di un coniglio e nella vescica di un topo, segno tangibile che la tecnica funziona. Hanno anche integrato nanoparticelle conduttive, realizzando così biosensori morbidi e veri e propri “depositi” per farmaci, attivabili da ultrasuoni.un potenziale incredibile per malattie gravi come tumori o infezioni batteriche.
«Questo studio estende enormemente le possibilità della stampa basata su ultrasuoni, dimostrando un impiego pratico concreto», ha commentato un esperto esterno, il dottor yu Shaoj zhang di Harvard, enfatizzando la portata di questa scoperta.
Dalla luce agli ultrasuoni: la sfida della stampa 3D all’interno del corpo
Per anni, il 3D bioprinting ha catturato l’interesse degli ingegneri biomedici, principalmente utilizzando la luce per solidificare strato dopo strato. Una metodologia efficace ma lenta e con limiti precisi: la luce si dissipa rapidamente nel corpo, rendendo difficile raggiungere strati più profondi.
A differenza della luce, l’ultrasuono può penetrare fino a venti centimetri negli organi senza causare danni, aprendo così nuove strade per interventi meno invasivi. Le neuroscienze e la fisiologia muscolare già ne sfruttano il potenziale per monitorare attività profonde, ma la stampa 3D con ultrasuoni rappresenta una sfida tecnica molto più complessa.
Un tentativo precedente con un materiale chiamato “sono-tint” ha evidenziato problemi di fragilità e sensibilità a calore e stress, mettendo a dura prova la precisione e la compatibilità biologica.
Come nasce il nuovo bioinchiostro DISP
Il sistema DISP attuale si basa su una versione evoluta del “sono-tint”, articolata in tre componenti:
- Catene molecolari libere che si attivano solo con specifici segnali chimici;
- Millefogli di microbolle che rilasciano agenti leganti sotto ultrasuoni;
- Molecole “foglia” capaci di disperdere suoni e luci a certe frequenze per permettere un monitoraggio accurato.
Questo mix raffinato garantisce non solo una scansione controllata e precisa della formazione tessutale, ma evita reazioni premature che potrebbero compromettere l’intervento, migliorando la sicurezza.
Un futuro diverso per la medicina rigenerativa
Se riuscirà a passare con successo alla sperimentazione umana,questa innovazione potrebbe cambiare radicalmente il nostro approccio a rigenerare tessuti compromessi o malati. Basterebbe un’infusione di bioinchiostro e un fascio ultrasonico per “stampare” ciò che manca, abbandonando il bisturi per una cura più dolce, meno invasiva.
Questa prospettiva apre scenari che fino a poco tempo fa sembravano fantascienza, avvicinando il futuro della medicina rigenerativa a un’era in cui il nostro corpo può davvero essere riparato dall’interno, con precisione e delicatezza.
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