Quando il team innovava, il capo decise di eliminare i limiti creativi

Quando il team innovava, il capo decise di eliminare i limiti creativi

Chi l’avrebbe mai detto? L’ufficio “acquario” e la battaglia silenziosa contro i cliché aziendali

Lunedì mattina, l’aria si riempie subito di riunioni interminabili: i manager si alternano sul palco declamando frasi fatte con una convinzione sorprendente.È in questo clima che prende vita la rubrica Who, Me?, uno spazio dedicato a storie autentiche di chi cerca di rispettare i KPI e, a volte, scivola via da situazioni complicate senza farsi notare.

Un “acquario” tra colleghi

Questa settimana arriva una testimonianza firmata da un lettore che chiameremo “Hamish”. Racconta di quando la sua azienda aveva affittato uno spazio temporaneo per un progetto, un ufficio un po’ datato, con una sala interna vetrata: quello che nel gergo del settore viene spesso chiamato “acquario”.

Molti di noi conoscono bene ambienti simili, dove le pareti trasparenti rendono tutto visibile – un effetto acquario, appunto, che può destare non solo curiosità ma anche un senso di isolamento e stranezza.

Un angolo di tranquillità… e la scintilla di un’idea

Nonostante questo, Hamish e i suoi colleghi apprezzavano l’isolamento acustico di quel piccolo ufficio: un rifugio dal brusio costante. Proprio quella trasparenza, tuttavia, ispirò Hamish a una piccola ribellione giocosa.

Stampò due cartelli, uno con la scritta “Pensare dentro la scatola” e l’altro con “Pensare fuori dagli schemi”. Con un po’ di Blu Tack, li appese rispettivamente all’interno e all’esterno del vetro, creando un divertente gioco di parole visivo che divenne subito un simpatico dettaglio dell’ufficio.

Dalla battuta al potere: quando i manager si appropriano dello “acquario”

Col tempo, quelle targhette passarono dall’essere una novità a un elemento quasi invisibile, parte integrante dell’arredamento. Tutto cambiò però il giorno in cui un gruppo di manager di medio livello scoprì l’“acquario” e decise che uno spazio così “prezioso” non poteva essere lasciato in mano a impiegati come Hamish.

Non appena si insediarono, i cartelli vennero strappati via rapidamente, come per cancellare ogni traccia di quella sottile ironia.

“credo che il manager non abbia mai saputo chi fosse l’autore dei cartelli, o forse li ha intesi come una critica personale,” ricorda Hamish. “Ogni volta che sento quelle espressioni ripenso a quel vecchio ufficio.”

Spunti di riflessione sul linguaggio aziendale

Dietro a una leggerezza apparente, questa storia mette in luce quanto la cultura aziendale possa essere permeata da formule retoriche spesso usate senza spirito critico. Ma è proprio tra queste battute che emergono scorci autentici di relazioni umane e dinamiche di potere.

Come nel caso di Hamish, a volte basta una semplice trovata per sollevare sorrisi e, allo stesso tempo, svelare l’assurdità di certi meccanismi.

Hai mai giocato con i cliché aziendali finendo per metterti nei guai?

Raccontare queste situazioni ci aiuta a comprendere le sfumature del lavoro quotidiano in ufficio, tra ironia e realtà. Perché non riflettere sul modo in cui comunicazione e gerarchie si intrecciano, trasformando anche il più banale dettaglio in una storia degna di esser ricordata?